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il caso

Dramma di Halloween, c’è un testimone: «Gli indagati in comunità per tutelarli»

Un minorenne ha dichiarato di aver visto un video dal contenuto crudo. Gli inquirenti cercano il filmato

Due dei ragazzi della baby-gang di Halloween

Due dei ragazzi della baby-gang di Halloween

Violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e violenza privata. Queste le accuse mosse nei confronti dei due ragazzi di Moncalieri di 14 e 15 anni che, la notte di Halloween, avevano sequestrato un 14enne bullizzandolo all’interno di un appartamento di corso Casale. A denunciare, la madre della presunta vittima. Le dinamiche di questa storia sono tutte ancora in fase di accertamento.

I due minorenni, ora, si trovano in una comunità. Una misura cautelare disposta dalla gip Maria Grazia Devietti Goggia su richiesta della procuratrice Emma Avezzù, a capo della procura per i Minori. Il 26 novembre, infatti, un minorenne si è presentato dalle forze dell’ordine affermando di aver visto con i suoi occhi un filmato che, a detta sua, sarebbe stato girato proprio quella notte. Il minorenne parla di «abusi sessuali e pratiche dove la presunta vittima sembrava non essere consenziente». La vicenda, dal primo giorno, ha destato un clamore mediatico importante. Inizialmente diverse persone avevano annunciato una spedizione punitiva verso i due presunti autori delle violenze al carico del 15enne. Carabinieri e polizia locale hanno impedito che nessuna di queste vendette fosse poi messa in atto. Al momento, di quel video non vi è traccia. Dai telefoni dei giovanissimi non risulta, per lo meno. Non ci sono tracce nei rullini multimediali dei loro dispositivi né di quell’abuso e nemmeno di altri frammenti della serata.

Saranno gli inquirenti a lavorarci sopra, recuperando dalla memoria degli smartphone tutto ciò che è stato eliminato. «La misura cautelare disposta dal gip su richiesta di questo ufficio non è anticipazione di pena - afferma Emma Avezzù - e si tratta di uno strumento utile. Anche ai due minori: seguire un progetto educativo, che possa far loro comprendere l’esigenza del rispetto verso le alte persone». Ancora Avezzù: «E’ esigenza che i due indagati siano preservati da possibili ritorsioni, anche sui social». Nei giorni della diffusione della notizia, infatti, diversi profili su Instagram e TikTok appartenenti agli indagati sono stati presi di mira. Addirittura, ne sono stati creati di nuovi, probabilmente da terzi. «Le indagini sono in fase preliminare. Questa misura cautelare non significa il riconoscere loro la responsabilità dei reati per cui sono stati accusati», conclude la procuratrice.

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