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SANITà

Farmaci equivalenti, perché molti italiani non si fidano ancora: «Dubbi per uno su tre»

Nel 2023 solo il 32% degli italiani ha scelto i generici: servono informazione, formazione e una campagna istituzionale per superare pregiudizi e diseguaglianze

Farmaci equivalenti, perché molti italiani non si fidano ancora: «Dubbi per uno su tre»

Immagine di repertorio

C’è un’Italia che cura con fiducia e una che ancora diffida. Quando si parla di farmaci equivalenti – quei medicinali con lo stesso principio attivo e la stessa efficacia dei più noti brand, ma a costo minore per il cittadino e per il Servizio sanitario nazionale – il Paese si spacca in due. È il Nord a guidare l’utilizzo, mentre Sud e Isole restano indietro. Un segnale chiaro che la battaglia per la parità nell’accesso alle cure è ancora tutta da combattere.

I dati del Centro Studi di Egualia parlano chiaro: nel 2023, i farmaci equivalenti hanno rappresentato il 39,8% delle confezioni vendute al Nord, il 29% al Centro e appena il 23,7% al Sud, con una media nazionale ferma al 32%. Spiccano, in positivo, la provincia autonoma di Trento (44,7%), il Friuli Venezia Giulia (41,9%) e il Piemonte (40%). In fondo alla classifica, invece, troviamo Sicilia (22,7%), Campania (21,9%) e Calabria (21,7%).

Questa frattura geografica riflette non solo una questione economica – il reddito medio più basso al Sud renderebbe paradossalmente più utile il ricorso agli equivalenti – ma soprattutto un problema culturale e informativo. Ancora oggi, molti cittadini non si fidano dei generici, o semplicemente non li conoscono.

La sfida è dunque tutta nella consapevolezza. Ed è proprio da qui che parte la road map di "Motore Sanità", una campagna itinerante lanciata da Udine e sostenuta da Teva Italia, con la collaborazione di Cittadinanzattiva. Obiettivo: spiegare ai cittadini – e agli stessi operatori sanitari – che gli equivalenti non sono una scelta di serie B, ma un diritto.

Secondo l’indagine condotta da SWG per Cittadinanzattiva, il 72% degli italiani si dichiara informato sui farmaci equivalenti. L’83% sa che contengono lo stesso principio attivo del brand, ma quasi il 30% ha ancora dubbi sull’efficacia. E nonostante il 47% sia disposto ad acquistarli, un italiano su cinque resta fedele al farmaco di marca. La responsabilità, però, non è solo del paziente. Il 20% del campione riferisce che il proprio medico prescrive esclusivamente il farmaco di marca. Solo nel 31% dei casi viene indicato in ricetta il solo principio attivo, lasciando al paziente la libertà di scelta. Eppure, nel 2023 gli italiani hanno pagato di tasca propria oltre un miliardo di euro per coprire la differenza di prezzo tra equivalente e farmaco brand, nonostante il primo sia interamente rimborsato dal SSN.

«È necessario superare le resistenze culturali e pratiche, con una campagna di informazione istituzionale ampia e incisiva, rivolta sia ai cittadini che agli operatori sanitari» ha spiegato l’avvocato Erica Vacchiano di Cittadinanzattiva FVG. Il messaggio è chiaro: per garantire equità nel diritto alla salute, serve una strategia condivisa e strutturata. Le proposte ci sono: indagini qualitative per comprendere pregiudizi e resistenze, formazione dedicata nei corsi universitari e nei crediti ECM, educazione sanitaria già nelle scuole. E poi ricetta elettronica per tutti i medici, monitoraggio sistematico sull’uso improprio della clausola "non sostituibile", e tavoli tecnici regionali che mettano insieme medici, farmacisti, infermieri e associazioni civiche.

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