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Scienza e salute
12 Maggio 2025 - 16:30
"La plastica è dannosa per il pianeta!" Ormai questa frase non sorprende più nessuno, ma un recente studio pubblicato sulla rivista Environmental International solleva nuove preoccupazioni: due tra i materiali plastici più diffusi – il poliuretano e il cloruro di polivinile (PVC) – sembrano essere in grado di interferire con il ciclo circadiano delle cellule umane, cioè con l’orologio biologico che regola sonno, veglia e molte altre funzioni vitali.
Gli scienziati hanno scoperto che alcune sostanze chimiche rilasciate da questi materiali possono influenzare il comportamento cellulare in modo simile alla caffeina, anche se attraverso meccanismi diversi. Usando colture di cellule umane in laboratorio, il team ha osservato che l’esposizione alle particelle di PVC e poliuretano attiva il recettore dell’adenosina A1R e riduce i livelli di cAMP, una molecola fondamentale per la trasmissione dei segnali cellulari. La caffeina agisce anch’essa sul sistema dell’adenosina, ma lo fa bloccandone i recettori, aumentando così l’attività cerebrale e ritardando la sensazione di sonno.
Nel caso delle sostanze chimiche presenti nella plastica, l'effetto osservato è stato un’alterazione del ritmo circadiano delle cellule di circa 9–17 minuti. Apparentemente un piccolo scarto, ma secondo i ricercatori è un segnale da non sottovalutare, perché anche minime variazioni dell’orologio biologico, ripetute nel tempo, possono influire negativamente sulla salute.
Il ciclo circadiano è un meccanismo interno che sincronizza i processi fisiologici con le 24 ore del giorno. Regola non solo il sonno e la veglia, ma anche la temperatura corporea, la secrezione ormonale e il metabolismo. Quando viene disturbato – ad esempio da jet lag, turni notturni o stress ambientale – possono insorgere disturbi del sonno, difficoltà cognitive, alterazioni metaboliche e un aumento del rischio di patologie cardiovascolari.
Non solo l’intero organismo, ma anche ogni singola cellula segue un ritmo circadiano. Per questo gli scienziati hanno scelto di analizzare gli effetti delle microplastiche su cellule isolate, rilevando variazioni misurabili e potenzialmente dannose.
Il cloruro di polivinile e il poliuretano sono materiali onnipresenti nella nostra vita quotidiana: li troviamo nei rivestimenti di edifici, in componenti elettroniche, tessuti tecnici, attrezzature mediche e molto altro. Solo il PVC può contenere fino a 8.000 sostanze chimiche diverse, molte delle quali derivano dai processi industriali e non sono sempre adeguatamente regolamentate.
Martin Wagner, coautore dello studio e ricercatore presso il Norwegian University of Science and Technology, sottolinea che, pur non essendo ancora chiaro l’impatto complessivo sull’organismo umano, l’effetto osservato è tutt’altro che trascurabile. “È meno potente della caffeina”, ha dichiarato, “ma può influenzare più rapidamente alcuni meccanismi ormonali a livello cellulare”.
Per approfondire la portata dell’interferenza plastica, i ricercatori stanno progettando ulteriori studi su organismi viventi. Il prossimo obiettivo è il pesce zebra, una specie geneticamente vicina all’uomo in termini di funzionamento cerebrale, spesso usata nei test neurologici e farmacologici.
Il pesce zebra
In un’epoca in cui le microplastiche sono state trovate ovunque – nei mari, nel cibo, nel sangue umano – studi come questo mettono in luce un aspetto ancora poco discusso: l’interazione tra plastica e biologia potrebbe essere più profonda, e più insidiosa, di quanto immaginassimo.
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