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Cronaca
17 Luglio 2025 - 11:30
Jules Bianchi
Il 17 luglio 2015 si spegneva Jules Bianchi, ultimo pilota a perdere la vita in Formula 1. Aveva 25 anni. A distanza di dieci anni, il suo ricordo resta vivido nel cuore degli appassionati e nella memoria del paddock.
Tutto ebbe inizio a Suzuka, durante il Gran Premio del Giappone del 2014. Sotto una pioggia battente, il francese perse il controllo della sua Marussia alla curva 7, proprio mentre erano in azione le bandiere gialle doppie. La vettura finì fuori pista e andò a impattare violentemente contro una gru impegnata a rimuovere la Sauber di Adrian Sutil. Bianchi perse conoscenza sul colpo e, dopo i primi soccorsi in pista e al centro medico, venne trasferito in ospedale in condizioni critiche. Rimase in coma indotto per 285 giorni, fino alla sua morte.
La notizia sconvolse l’intero mondo del motorsport. Era la prima volta, dal tragico weekend di Imola 1994, che un pilota perdeva la vita in Formula 1. Per rendergli omaggio, il numero 17 venne ritirato ufficialmente e tutto il circus gli rese tributo al successivo Gran Premio d’Ungheria.
Nato a Nizza, Jules Bianchi si era distinto nelle categorie propedeutiche, vincendo la Formula 3 Euro Series e salendo sul podio finale in GP2. Arrivato in Formula 1 nel 2013, al volante della modesta Marussia, dimostrò subito il suo valore battendo il compagno Max Chilton in 14 delle 19 gare disputate.
Il suo exploit più clamoroso arrivò nel 2014: a Monaco riuscì a conquistare il nono posto, regalando alla Marussia i primi (e unici) punti della sua storia. Quella prestazione fece parlare di lui come uno dei migliori talenti emergenti. Protetto dalla Ferrari, molti lo vedevano destinato a un futuro nel team di Maranello, magari passando per un'esperienza in Sauber. Lo stesso presidente della Rossa, Luca di Montezemolo, disse che Bianchi sarebbe stato il successore naturale di Kimi Räikkönen. Quel sedile, anni dopo, andò a Charles Leclerc, grande amico di Jules.
Dopo la tragedia, la FIA avviò un’importante revisione della sicurezza. Il risultato fu l’introduzione dell’Halo, diventato obbligatorio a partire dal 2018. Da allora, il dispositivo ha già salvato diverse vite: su tutte, quella di Romain Grosjean nell’incendio in Bahrain nel 2020 e quella dello stesso Leclerc, sfiorato da Fernando Alonso a Spa.
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