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TEATRO STABILE
04 Gennaio 2024 - 16:18
Una scena dello spettacolo di Giulia Odetto
Innanzitutto la regista mette in chiaro una cosa: «Non c’è una storia da seguire, non ci sono personaggi con cui empatizzare, non ci sono conflitti personali o sogni da realizzare». Insomma, scordatevi di vedere martedì prossimo al Gobetti di Torino uno spettacolo “normale”, perché “Wonderland” diretto da Giulia Odetto, che firma anche l’adattamento con Antonio Careddu, e ispirato a “Alice in Wonderland” di Lewis Carroll è, spiega ancora la Odetto, «uno spettacolo queer e in quanto tale non rispetta le regole». Prodotto dal Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale in collaborazione col Collettivo Effe, “Wonderland”, spettacolo queer - qualunque cosa queer voglia dire, strano, eccentrico, insolito, senza un’identità sessuale definita, senza etichette -, debutterà in prima nazionale il 9 gennaio (ore 19,30) nel teatro di via Rossini, dove replicherà fino a domenica 21 gennaio.
Wonderland è, dunque, uno spazio queer ed è proprio questo spazio, più che la figura di Alice, ad essere al centro della narrazione. Così la storia della bambina, che nel giardino di casa, inseguendo un coniglio, entra in una tana e precipita in un mondo fantastico, viene reso coralmente da attrici e performer - nella fattispecie Lav Gilardoni, Marta Pizzigallo, Camilla Soave, Alice Spisa, Francesca Turrini -, che si muovono e si esprimono “liberi da aspettative di logica e senso”. Una riscrittura della favola di Carroll, quella fatta dalla regista di Fossano, formatasi alla Scuola per Attori dello Stabile di Torino e vincitrice con il Collettivo Effe del bando “Powered by Ref”, dove «i confini tra cose, corpi e identità si confondono, tutto è ciò che sembra e contemporaneamente qualcos’altro».
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Unendo il lavoro sul corpo e sulla parola all’uso del video in presa diretta, gli artisti creano così «atmosfere percettive che trasportano il pubblico in mondi alternativi». «Abbiamo conosciuto Wonderland attraverso gli occhi di Alice nel romanzo di Lewis Carroll e attraverso i vari adattamenti cinematografici e teatrali - sottolinea la Odetto -. È un mondo che non rispetta il senso logico, privo di un senso univoco e che al contempo talvolta si abbandona ad un eccesso di senso». E aggiunge: «Ma cos’è Wonderland senza Alice, senza uno sguardo esterno che ne evidenzi la stranezza, senza un soggetto che applichi quel “to wonder”, quello “stupire”?».
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