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Sapori
09 Maggio 2024 - 05:00
Maicol Vitellozzi con Cubrik 2.0 e Pianeta
Così giovane e già sulla bocca di tutti. Nel vero senso della frase. Sì perché Maicol Vitellozzi, parmese, classe 1987, è l’inventore del famoso Cubrik di Torino, la brioches a sfoglia più nota della città ideata nel 2019 per la Farmacia del Cambio, quando del ristorante di piazza Carignano ne era il pastery chef. Ma quelli sono altri tempi, appunto. Lasciata la corte di Matteo Baronetto, oggi, o meglio, da un mese, Vitellozzi ha aperto con Francesca Corbo la sua “Maicol-Croissant Pane Pasticceria”, in via San Tommaso 7, e le cose sono cambiate, tanto che qui, le fatidiche code, si contano ogni mattina.
«Sì, devo dire che i torinesi hanno accolto molto bene l’idea della mia panetteria da asporto - racconta Maicol -, la prima in città dove puoi comprare la colazione e mangiarla dove vuoi».
E, soprattutto dove si possono comprare i suoi mitici Crubik.
«Esatto, anche nella nuova versione che ho chiamato Cubrik 2.0».
Ce ne parli.
«Ho cercato di migliorare la ricetta realizzando un impasto bicolore e una farcitura con crema gianduja. Sta andando alla grande, è sempre la brioches più richiesta, ne preparo 100 ogni mattina».
Com’è nacque l’idea della “brioches quadrata”?
«Il Cubrik nasce nel 2019. Ci ho messo un anno per realizzarlo, presi l’idea dal pasticciere svedese Bedros Kabranian, lo vidi, mi affascinò, ma capii subito che non sarebbe stato così facile realizzarlo».
Qual è stato l’aspetto più complicato?
«La forma, riuscii a trovare lo stampo in Giappone, lo vidi su Internet e me lo feci portare da un’amica che era lì».
E’ contento del successo ottenuto, anche se molti torinesi credono che sia un’idea di Del Cambio?
«Ma certo, ne sono felice. Sono venuto via con estrema tranquillità, sono felice che si parli della mia brioches e soprattutto che piaccia alla gente».
Quali sono gli altri suoi prodotti per cui i torinesi vanno pazzi?
«Da circa un mese ho lanciato il Pianeta, un croissant con babà bagnato con il caffè e ripieno di nocciola, ricorda Saturno».
Lei nasce chef, diplomato all’Alma di Gualtiero Marchesi. Perché è diventato pasticcere?
«Colpa di Torino, venni qui per fare un’esperienza e imparare l’arte bianca: me ne innamorai...».
E goloso?
«Molto, ma cerco di tenermi anche perché sono intollerate al lattosio».
Cos'ha imparato ad amare della cucina piemontese?
«Le acciughe al verde, gli agnolotti, i tajarin e il bunet, ne vado matto, prima o poi ne realizzerò uno tutto mio».
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