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TEATRO STABILE

Al Gobetti vanno in scena gli sguardi di "Morte a Venezia"

Tra danza e parola: da martedì 10 dicembre l'innovativa reinterpretazione di Liv Ferracchiati

Al Gobetti vanno in scena gli sguardi di "Morte a Venezia"

Una scena di "Morte a Venezia" in programma al Teatro Gobetti da martedì 10 dicembre

Della novella di Thomas Mann, “Morte a Venezia”, nello spettacolo di Liv Ferracchiati che va in scena da martedì 10 a domenica 15 dicembre al Teatro Gobetti di Torino, c’è forse solo il titolo, il nome dei due protagonisti, Gustav Von Aschenbach, aristocratico maturo, e Tadzio, adolescente dalla cui bellezza Aschenbach rimane folgorato, l’incontro a Venezia e il tema della morte. Del resto il suo, dice la stessa Ferracchiati, «non è un adattamento teatrale de La morte a Venezia, ma un percorso scenico liberamente ispirato al romanzo che combina tre diversi linguaggi: parola, danza e video». L’artista associato del Teatro Stabile di Torino firma la regia e la drammaturgia de “La morte a Venezia. Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi”, prodotto da Spoleto Festival dei Due Mondi, Marche Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria, Teatro di Napoli - Teatro Bellini, in collaborazione con il Piccolo di Milano.

Sul palco la Ferracchiati insieme con Alice Raffaelli dà vita a una sorta di performance che pone al centro lo sguardo. «Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo» dice Thomas Mann. Ed è questo ad avere colpito la Ferracchiati. Questi due sconosciuti che dialogano solo attraverso lo sguardo, uno sguardo che trasforma chi è guardato e viceversa.

«Il tentativo è di avvicinare questi due personaggi a noi - spiegano le note di regia - e, allo stesso tempo, di raccontare la fatica di scrivere e di come questa fatica, alla fine, sia squarciata da momenti rari, bellissimi e terribili, fatti di incontri con altri esseri umani». E proseguono: «Ironicamente, terzo personaggio è la Parola, che prima cerca un’armonia in una forma cristallizzata e poi si libera, si concretizza, si accende, ritrova una sua forma estrosa, per quanto ridicola e vana di fronte all’irraccontabile».

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