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Ma perché i motociclisti si dicono "centauri"?

Cosa hanno in comune la mitologia greca e i motori? Scopri la storia del curioso appellativo

centauri

Un centauro e.. un centauro "moderno"

Oggi quando sentiamo parlare di "centauri" pensiamo subito ai motociclisti che sfrecciano sulle strade. L'origine di questo appellativo curioso e suggestivo è estremamente antica, e affonda le sue radici nella mitologia greca.

La leggenda narra di Nefele, una donna che si finse la dea Era (Giunone per i Romani) e si unì a Issione, re dei Lapiti. Da questa unione "illegittima" nacque il primo centauro, creatura anomala che a sua volta si accoppiò con le giumente del Monte Pelio, dando vita a una razza ibrida: metà uomini, metà cavalli.

Gli dei non vedevano di buon occhio queste figure, descritte come iraconde, rozze e selvagge. Eppure, il loro fascino è rimasto intatto nei secoli: nell’immaginario classico, il centauro rappresenta la fusione inscindibile tra uomo e cavallo.

Ed è proprio da qui che nasce il parallelismo con i motociclisti moderni. Il biker e la sua moto formano un tutt'uno, in una simbiosi che richiama quella antica. Non a caso i motociclisti hanno fatto proprio questo soprannome, usandolo con orgoglio per raccontare la loro identità di "uomini a due ruote".

Così, la parola "centauro" è passata dall’Olimpo greco alle nostre autostrade, trasformandosi in una delle espressioni più evocative e durature del linguaggio contemporaneo.

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