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Cibo come cultura
25 Agosto 2025 - 13:55
Immagine di repertorio
Torino conserva un ruolo centrale nella storia gastronomica italiana, grazie a specialità nate in epoca sabauda che ancora oggi contraddistinguono il suo patrimonio culinario. Il bicerin, bevanda calda composta da strati di caffè, cioccolato e crema di latte, è un esempio emblematico, nato nel XVIII secolo nel locale storico Caffè Confetteria Al Bicerin di piazza della Consolata. Di pari rilievo è il gianduia, miscela di cacao e nocciole delle Langhe, sviluppata all’inizio dell’Ottocento e resa celebre dal primo gianduiotto produsso dalla Caffarel nel 1852. A completare l’identità dolciaria cittadina interviene anche l’invenzione del gelato su stecco, il celebre “Pinguino” creato da Pepino nel 1939.
La cucina torinese ruota inoltre attorno al rito dell’aperitivo, una pratica consolidata che fonde convivialità e assortimenti gastronomici, dal vermouth – nato ufficialmente a Torino nel 1786 ad opera di Antonio Benedetto Carpano – ai buffet con prodotti locali. Numerose specialità della cucina piemontese – tra cui agnolotti, bagna càuda, fritto misto, brasato al Barolo – testimoniano il forte radicamento territoriale e la tradizione di una cucina raffinata ma legata alle origini.
Accanto all’identità storica, la scena gastronomica torinese si arricchisce di influssi internazionali che ridefiniscono l’offerta urbana. Secondo la guida BestEathnic Torino 2025, molte nuove cucine etniche sono approdate in città, includendo rappresentanze di Georgia, Armenia, Uzbekistan, Afghanistan, Malesia e paesi dell’Africa occidentale (Senegal, Costa d’Avorio, Camerun). Tali realtà affiancano locali etnici già consolidati, creando un mosaico di sapori che travalica le rotte gastronomiche tradizionali.
Analisi e piattaforme come TheFork segnalano la presenza di numerosi ristoranti internazionali apprezzati dai residenti: si citano il Jumping Jester Pub, Karibu open, Klec – Un angolo di Praga e bistrot trendy come Gnammeria e Allevolte. La guida turistico-gastronomica di Le Strade di Torino propone invece un ristorante per dieci differenti cucine – tra cui quella cinese (Lao), malesiana (Lo Straniero), turca (Kadeh), peruviana, messicana (Annita Taqueria), palestinese (La Terrasanta) – a dimostrazione della pluralità attiva nei quartieri come San Salvario, Borgo San Paolo e il Quadrilatero Romano.
Un altro esempio di innovazione in cucina giunge dal quartier generale Lavazza, dove lo chef Zanasi interpreta un progetto firmato Ferran Adrià. La sua proposta unisce contaminazioni internazionali a rimandi alla tradizione piemontese, enfatizzando la condivisione di piccoli assaggi e un’esperienza contemporanea in ambiente raffinato.
Torino si conferma città dal forte radicamento gastronomico: dalle specialità storiche come il bicerin, il gianduia e l’aperitivo, fino alle grandi tradizioni della cucina piemontese. Parallelamente, il panorama culinario si apre con movimenti internazionali eterogenei, visibili nei ristoranti etnici emergenti e nei format innovativi. Questa duplice dimensione – tradizione consolidata e innovazione multiculturale – definisce oggi l’identità gastronomica torinese, in equilibrio tra racconto storico e curiosità contemporanea.
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