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Cinema Massimo

Andrea Roncato: "Gli anni '80 non esistono più. All'epoca si poteva dire anche bella gnocca..."

L'attore ospite il 15 novembre di chiusura del Glocal Film Festival con la pellicola “Il bar del cult” di Mirko Zullo

Andrea Roncato

L'attore Andrea Roncato

Ospite della serata di chiusura del Glocal Film Festival, sabato 15 novembre alle 21 al Cnema Massimo, sarà l'attore Andrea Roncato, tra i protagonisti del film di chiusura, il documentario “Il bar del cult” di Mirko Zullo, un viaggio nella commedia italiana degli anni '80 con i suoi protagonisti.

È bello rivedere tanti volti che ci hanno fatto ridere, tutti insieme. Come è stato?

«Il documentario parla di un'epoca che non c'è più, in cui si stava meglio, ci si divertiva, le discoteche erano piene ogni sera. Ora veniamo accusati perché ai tempi potevamo dire cose tremende (ma non è vero, io non potevo dire neanche sedere, in tv), e c'era qualche attrice che si spogliava: io dicevo “bella gnocca”, che oggi è considerato sessismo, ma le donne oggi non possono girare da sole per il rischio di essere aggredite, ai tempi non capitava. Andando avanti così non potremo più essere intelligenti per paura di offendere i cretini!».

Lei è stato il grande seduttore del cinema degli anni '80: cosa ne pensa?

«Ancora oggi molti, anche giovani, mi parlano di Loris Batacchi, che interpretavo in “Fantozzi” ma era il prototipo di tanti ruoli simili, come del loro idolo. Io ho fatto 65 film, 250 episodi di fiction: sono anche altro, in un certo momento ho detto basta, sto diventando grande. In “Sotto il sole di Riccione”, ho fatto capire che Batacchi era una presa in giro di chi si vanta di avere avuto mille donne: contarle fa pena, oltre che essere probabilmente falso, è un uomo pieno di rimpianti».

Negli anni è diventato un attore che alterna commedie e film drammatici: è contento del suo percorso?

«In quei film avevo 30 anni, aveva senso corressi dietro alle ragazze: a 70 sarei patetico. Quando eravamo Gigi e Andrea facevamo il cabaret, a me come attore a un certo punto non bastava più. Pensiamo a Checco Zalone, che è il più grande oggi: lui fa sempre se stesso, c'è il rischio di fare sempre lo stesso film».

Che fine ha fatto Gigi Sammarchi, a proposito, anche lui nel documentario?

«Lui sta in Spagna, ha la mania di correre 20 chilometri al giorno, fa tutte le maratone del mondo! Io l'anno scorso ho fatto otto film, preferisco così. A me piace recitare, ho lavorato con Virzì, con Avati, a Gigi piaceva fare il comico. Mi piacciono i film positivi: basta storie in cui gli eroi sono dei carcerati, o dei delinquenti: i bambini li vedono e poi li imitano».

Il Glocal Film Festival è concentrato sul cinema piemontese: che rapporto ha con Torino?

«Gigi aveva una fidanzata di Torino e grazie a lei – che aveva un'agenzia di modelle e indossatrici – venivo sempre a Torino a fare spettacoli di corsa! Ho ancora molti amici e amiche di Torino, c'erano locali di cabaret che sono stati importanti per i nostri inizi. Sono felice di tornare».

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