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05 Gennaio 2024 - 16:02
Una scena del film "La luce nella masseria" di Riccardo Donna
Un appuntamento speciale quello in programma domenica in prima serata su Rai 1: andrà in onda in prima visione il film tv “La Luce nella Masseria”, pensato per omaggiare i primi 70 anni di vita della Rai, che iniziò il suo servizio di trasmissione il 3 gennaio del 1954. La storia è incentrata sull’arrivo di questa novità in una famiglia del Sud Italia negli anni ‘60, una famiglia di Matera per la precisione, città che solo una quindicina d’anni prima era stata definita da Palmiro Togliatti “vergogna nazionale” per le misere condizioni di vita degli abitanti. L’arrivo della tv avviene in ritardo rispetto al resto d’Italia e cambierà una società ferma nel tempo.
A dirigerla sono stati chiamati il torinese Riccardo Donna, già autore della fortunata fiction “Cuori”, e sua moglie Tiziana Aristarco, regista di “Mina Settembre” e figlia di quel Guido che proprio a Torino recitò un ruolo fondamentale nello sviluppo della critica cinematografica nel nostro Paese. «Un film a quattro mani e già questo rende per noi “La luce nella masseria” un’esperienza diversa», confidano i due registi. «Abbiamo fatto in carriera alcune serie tv insieme dividendoci le puntate ma questa volta è stato diverso. Due registi che dovevano diventare uno. Abbiamo messo in gioco tutto l’affiatamento che abbiamo, anche come coppia, per arrivare a un unico punto di vista su questo racconto così delicato».
Il cast della fiction è molto ampio, da Domenico Diele a Renato Carpentieri, da Giovanni Limite a Giusy Frallonardo, ma un ruolo importante e dirompente lo ha anche la giovane attrice torinese Aurora Ruffino, lanciata sul piccolo schermo da “Braccialetti rossi” e “Noi”. Ne “La Luce nella Masseria” interpreta Imma: la sua straordinaria libertà dagli schemi (è una delle poche donne ad avere la patente e una macchina di proprietà) la farà innamorare di Vincenzo, l’uomo più simile agli eroi dei molti romanzi che legge, anche quando lui finirà sulla sedia a rotelle per colpa della malattia.
«Matera - aggiungono i due registi - è una città magica, che rende il tempo del racconto ancora più lontano di quel che in effetti è: il 1962. Ci ha accolto un maggio piovoso (ma quasi non si vede), il nostro cast è diventato una famiglia già alla prima lettura. Questa è la magia del cinema, ma non sempre va così».
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