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L'INTERVISTA
19 Gennaio 2024 - 08:00
Gabriele Salvatores (foto Claudio Iannone)
Un premio Oscar al Circolo dei Lettori: Gabriele Salvatores sarà ospite in via Bogino 9 martedì 23 gennaio alle 21 per presentare, insieme alla curatrice del libro Paola Jacobbi, la sua autobiografia, “Lasciateci perdere”, edita da Rizzoli. Insieme a loro anche la giornalista Roberta Scorranese: l’evento fa parte del calendario di Parole & Cinema organizzato dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema.
Salvatores, perché ha deciso di scrivere questo libro proprio ora?
«Qualche anno fa avevo già ricevuto una proposta per scrivere un’autobiografia, ma non accettai intanto perché ho una memoria tremenda! Ora è stato diverso, mi hanno proposto di fare una serie di chiacchierate con Paola, un’amica da tanti anni: abbiamo lavorato come con le sedute psicanalitiche, una sua domanda spesso apriva ricordi che non pensavo di avere. Non c’è nessuna pretesa di fare un saggio, ho cercato di essere il più sincero e aperto possibile».
Dal testo traspare evidente il suo amore per gli attori: è una caratteristica dei registi?
«Non lo so, per me è così ma so che ci sono colleghi che li odiano! Io ho iniziato a 21 anni a fare teatro, gli attori per me sono sempre stati anche compagni di vita, amici, a volte amori, a volte fidanzate. Sono degli acrobati su un filo sospeso: io posso assicurarmi che il filo sia resistente e teso, ma sono loro a esporsi».
Un ruolo centrale nel libro, così come nella sua carriera, ha avuto la vittoria dell’Oscar nel 1992 con “Mediterraneo”, che ha cambiato anche il suo modo di affrontare il lavoro.
«Come ho scritto e più volte raccontato, non mi aspettavo proprio di vincere quella sera, sono convinto che il film cinese “Lanterne rosse” fosse il vincitore più giusto. È stato un vero colpo di fortuna. Per valorizzare al massimo questa occasione ho scelto di fare cose che non avrei mai potuto fare, film politici o di fantascienza, affrontando sempre sfide nuove e anche rischiose, artisticamente».
Qui sopra la copertina del libro di Gabriele Salvatores
Che idea ha del cinema italiano di oggi?
«Sono convinto che abbiamo registi molto validi, così come bravissimi giovani attori, che non hanno nulla da invidiare al cinema statunitense, se non l’aspetto economico. Autori come Paolo Sorrentino, Matteo Garrone e Alice Rohrwacher, per citare i tre più noti, sono di enorme valore. Ricordo quando Paolo, che ho conosciuto tanti anni fa, mi disse di essere cresciuto con i miei film... fu piacevole ma anche un duro colpo perché mi ha fatto capire la nostra differenza di età».
Martedì torna a Torino, una città che conosce bene.
«È una città che amo molto e in cui ho molti amici. Ci sono stato spesso per il teatro, per il Torino Film Festival cui sono molto legato, ma vengo anche spesso per piacere personale, per fare una passeggiata per le vie del centro. È una città particolare, come la mia Milano, ma ha un’anima più francese e negli ultimi anni è diventata sempre più interessante. Sono felice di tornare».
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