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Agnolotti del Plin, la tradizionale pasta piemontese ripiena ha conquistato anche il New York Times

La giornalista Dawn Davis è stata inviata in Italia alla ricerca della nostra più pregiata pasta ripiena. E a sorpresa non ha scelto tortellini o ravioli...

Gli agnolotti del Plin sono i protagonisti principali di un lungo speciale dell'inviata Dawn Davis sulla pasta ripiena italiana

Gli agnolotti del Plin sono i protagonisti principali di un lungo speciale dell'inviata Dawn Davis sulla pasta ripiena italiana

Dalle tavole piemontesi alla conquista del mondo (culinario). Gli agnolotti del Plin, la tradizionale pasta ripiena piemontese, hanno stregato l'inviata del New York Times Dawn Davis, "spedita" da uno dei più prestigiosi quotidiani del mondo sulle tracce della storia della pasta ripiena italiana (non solo quella piemontese), alla caccia di quella più pregiata per uno speciale del "T Style Magazine" che si può leggere sul sito del giornale americano (pubblicato a questo link). Non una giornalista qualunque: la Davis, 59 anni, è considerata una vera e propria "star" del giornalismo americano, una delle poche donne di colore ad aver raggiunto, nel corso della sua carriera, anche prestigiosi ruoli dirigenziali.

Dai tortellini ai ravioli, ma quello che ha colpito davvero la Davis è stato il suo tour nei ristoranti piemontesi, alla scoperta dei meno conosciuti - in America - agnolotti del Plin. «Le leggende - ha ripercorso l'inviata del Times - attribuiscono il piatto a uno chef di una famiglia di nobili legati a casa Savoia, un uomo di nome Angelino a cui fu chiesto di preparare un pasto celebrativo dopo che la famiglia aveva respinto un attacco al loro castello. Ha recuperato ciò che poteva dalla dispensa, ha arrostito le carni, tritato finemente le verdure e infilato tutto in pasta. La salsa era fatta con le carni arrostite». Leggenda o realtà? La Davis lo ha chiesto a Ugo Alciati, il 57enne capo chef della tenuta vinicola Fontanafredda: «È una storia raccontata per creare un senso di mistero». Segue poi il lungo racconto di come la ricetta si è tramandata di generazione in generazione, con consigli per la preparazione e gli ingredienti. «I lavoratori che hanno preparato il cibo sono diventati i guardiani della ricetta - ha raccontato alla giornalista americana Luciano Bertello, autore di libri di cucina specializzato nella zona delle Langhe - il piatto aveva un valore "sacro" quando preparato da cuochi casalinghi ed era riservato a Carnevale, Pasqua, Natale e festa patronale. Simboleggiava, e lo fa ancora, grandi vacanze e solidarietà familiare». «È il piatto della domenica, il giorno della famiglia, perché passi così tanto tempo a farlo» conferma al Times lo chef Davide Palluda, 52 anni. Secondo Piermassimo Cirio, coproprietario di Madonna della Neve nella città di Cessole nelle Langhe, forse il ristorante più noto per i suoi agnolotti del plin, «intorno agli anni '20 e ’ 30, i contadini avrebbero anche mangiato il plin in una tazza mescolata con il vino per fortificarsi per il lavoro quotidiano sul campo».

Il goloso viaggio della Davis prosegue poi attraverso la cucina di altri ristoranti e le testimonianze di altri chef, tutti "stregati" dalla tradizionale pasta piemontese, fino alla conclusione: «Sebbene il piatto sia vecchio di secoli, la fedeltà ad esso, come quella alla maggior parte delle altre paste ripiene amate localmente, siano i tortellini di Bologna o i culurgiones della Sardegna, è un fenomeno relativamente nuovo. Bertello sottolinea che questo cibo, la pasta, è diventata la cucina di tutti i giorni per la maggior parte degli italiani, in particolare piemontesi, durante il boom economico degli anni '60. Molti si sono rivolti a questi piatti sacri come un modo per rimanere in contatto con un lontano passato. E nel caso di agnolotti e altra pasta fatta in casa, dove preparare il piatto può essere un atto comune come mangiarlo, anche la pasta ripiena ha un altro scopo: legarti alle persone intorno a te».

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