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BENESSERE & TECNOLOGIA

Salvatore Aranzulla “hacker del benessere”: perché ha scelto il biohacking per vivere meglio

Dal palcoscenico del Milano Longevity Summit, il divulgatore informatico spiega perché ha scelto di “ottimizzare” anche corpo e mente

Salvatore Aranzulla “hacker del benessere”: perché ha scelto il biohacking per vivere meglio

Salvatore Aranzulla (fonte: Instagram)

È un nome che chiunque abbia mai cercato una guida pratica sul web ha incrociato almeno una volta. Ma Salvatore Aranzulla oggi non si occupa solo di problemi informatici: al Milano Longevity Summit, evento promosso dalla Fondazione AEON al Teatro Franco Parenti, ha spiegato come il biohacking sia diventato parte integrante della sua vita quotidiana.

Durante l’incontro, dedicato ai nuovi orizzonti della longevità e alla prevenzione, Aranzulla ha raccontato perché ha scelto di affidarsi a tecniche mirate per migliorare la qualità della propria esistenza. "Il biohacking è una forma di ottimizzazione, non troppo diversa da quella che applico ogni giorno nel mio lavoro -ha spiegato-. Significa cercare soluzioni concrete per stare meglio, vivere in modo più equilibrato, contrastare gli effetti negativi della vita moderna".

Il termine "biohacking" nasce dall’idea di intervenire consapevolmente sui meccanismi biologici del proprio corpo. Non si tratta solo di app per monitorare il sonno o strumenti hi-tech, ma anche di strategie più semplici che aiutano a migliorare il benessere fisico e mentale. Una filosofia che, secondo Aranzulla, non è affatto distante dal suo lavoro da divulgatore digitale: rendere comprensibile qualcosa di complesso e usarlo per semplificarsi la vita.

Nel suo caso, significa allenarsi regolarmente, monitorare il sonno, usare la tecnologia per capire come recuperare meglio le energie e affrontare le giornate con più lucidità. "Ogni sessione in palestra è per me un modo per ritrovare la concentrazione -ha detto-. Il movimento scarica lo stress e mi aiuta a essere più produttivo".

Eppure, come ricorda Nicola Marino, direttore della Fondazione AEON, non tutto ciò che viene promosso come “biohacking” ha basi scientifiche solide. "Alcuni interventi sono promettenti, altri restano nell’ambito della sperimentazione. È fondamentale distinguere le pratiche fondate da quelle che possono essere inefficaci, o addirittura dannose, se affrontate con leggerezza".Marino sottolinea l’importanza di un approccio equilibrato: "Sperimentare su sé stessi può essere utile, ma sempre con buon senso e, quando possibile, con il supporto di professionisti".

Per Aranzulla, integrare il biohacking nella propria routine è stata una scelta quasi naturale. "All’inizio era solo curiosità- racconta-, poi è diventato un vero metodo. Mi ha aiutato a dormire meglio, ad avere più energia, a pensare in modo più chiaro". Per lui il biohacking non è una moda del momento, ma un modo pratico di prendersi cura di sé ogni giorno, con costanza, buon senso e gli strumenti giusti.

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