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Benessere mentale al lavoro: 8 italiani su 10 lo chiedono, ma le aziende restano indietro

In cima alla lista dei desideri maggiore flessibilità oraria e la consulenza psicologica

Benessere mentale al lavoro: 8 italiani su 10 lo chiedono, ma le aziende restano indietro

Foto di repertorio

Un cambiamento silenzioso, ma profondo, sta attraversando il mondo del lavoro: non si tratta solo di smart working o di stipendi più competitivi, ma di qualcosa di più essenziale e personale. Oggi, i lavoratori chiedono alle aziende un impegno concreto sul fronte del benessere mentale e dell’equilibrio tra vita professionale e privata. E non si accontentano più di parole.

A fotografare questa nuova esigenza è il Salary Guide 2025 di Hays Italia, che parla chiaro: per il 93% dei professionisti italiani il benessere psicologico sul posto di lavoro è una priorità assoluta. Otto lavoratori su dieci sono convinti che uno stato mentale sereno migliori le performance e, quindi, i risultati aziendali. Ma se la richiesta è alta, la risposta da parte delle imprese resta, per ora, insufficiente.

Il dato più allarmante? Il 63% dei lavoratori si sente poco o per nulla supportato da datori di lavoro e manager, e per il 70% il benessere mentale non è ancora parte integrante della cultura aziendale. In concreto, solo tre aziende su dieci hanno attivato programmi specifici su questo fronte. Le misure più adottate includono flessibilità oraria (55%), supporto psicologico (46%), sessioni di mindfulness (28%) e workshop dedicati alla salute mentale (28%).

Il messaggio arriva forte anche dai lavoratori stessi: il 70% di chi ha partecipato a programmi di benessere ha riscontrato benefici concreti. In particolare, miglioramenti nell’ambiente di lavoro (48%), riduzione dello stress (42%) e un più sano equilibrio vita-lavoro (42%).

Ma cosa chiedono, in pratica, i lavoratori? In cima alla lista: maggiore flessibilità oraria (54%), consulenza psicologica (45%), programmi per la gestione dello stress (41%) e attività fisiche o sportive (29%).

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