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Altro che Netflix: il futuro delle serie è di pochi attimi

Il fenomeno delle mini-serie da un minuto esplode anche in Italia. Ma dietro la creatività istantanea si nasconde il rischio dell’oblio emotivo.

Altro che Netflix: il futuro delle serie è di pochi attimi

Il nuovo formato che prende piede non è quello della maratona da divano, ma quello della “pausa caffè”. Si chiama mini-serie verticale ed è la nuova frontiera dello storytelling istantaneo: episodi da uno o due minuti pensati per lo schermo dello smartphone e per i tempi morti della quotidianità.

I contenuti sono confezionati in formato 9:16 lo stesso di TikTok, Instagram Reels e YouTube Shorts. Il linguaggio visivo si trasforma con inquadrature strette, sottotitoli sovradimensionati, musiche drammatiche e plot twist ogni 40 secondi. Il tutto costruito per catturare l’attenzione di uno spettatore distratto. Un pubblico che ha poco tempo e lo vuole usare bene. Piattaforme come ReelShort e MyDrama stanno cavalcando il fenomeno con numeri da capogiro. Negli Stati Uniti ReelShort ha già superato TikTok in popolarità in alcune fasce d’età, grazie a micro-drammi intensi e ipersemplificati. Trame folgoranti, archetipi riconoscibili, uomini misteriosi, donne alla deriva e redenzioni in pillole. Tutto all’insegna dell’emozione rapida.

Nel nostro Paese, l’interesse cresce. RaiPlay ha sperimentato il formato con “5 Minuti Prima”, una serie breve che racconta piccole storie quotidiane in forma compressa. Sui social, creator indipendenti stanno testando linguaggi nuovi, mescolando comicità, drammi relazionali e disagio generazionale, con l’ambizione – più o meno dichiarata – di diventare dei “mini Spielberg”.

La formula funziona: sei inquadrature bastano per condensare un trauma, un amore finito o una vendetta consumata. Anche la mitologia si riscrive: Ulisse, Penelope e i Proci, in versione social, si risolvono in un reel da 90 secondi. E la sigla arriva prima della noia. La verticalità dello schermo non è solo una questione tecnica: impone una nuova grammatica visiva e narrativa. Il montaggio frenetico, la sintesi estrema, l’urgenza di catturare e trattenere lo sguardo cambiano le regole del gioco. Un racconto istantaneo e accessibile dove chiunque può diventare autore con uno smartphone.

Ma l’altra faccia della medaglia è una sovrapproduzione compulsiva che rischia di svuotare i contenuti. L’amore, la rabbia, il dolore si consumano in formato snack, in una corsa continua all’effetto e all’oblio. Tutto scorre, poco resta. Intanto si dibatte se queste narrazioni siano davvero “cinema” o semplicemente storytelling d’emergenza per un pubblico in fuga dalla profondità. Magari non ricorda cosa ha visto, ma sa che non si è annoiato. E in fondo in un mondo dominato dai social potrebbe essere proprio questo il nuovo metro del successo narrativo.

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