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Cronaca internazionale
27 Aprile 2025 - 15:00
È quanto sta accadendo ad Ayoreri, un piccolo villaggio situato al confine con il Kenya. Qui, da anni, le cicogne migratorie sono diventate l’unica fonte di proteine per la popolazione locale, costretta a sopravvivere in una condizione di grave carenza alimentare.
Le coltivazioni, principali fonte di reddito per gli abitanti, sono frequentemente distrutte da periodi prolungati di siccità e da piogge violente e imprevedibili. "Ero un agricoltore, ma la siccità distruggeva i miei raccolti. Così, ho cominciato a cacciare le cicogne per nutrire la mia famiglia", racconta Sam Chekwoi, 42 anni, padre di 11 figli e marito di due donne. Per procurarsi il cibo, Chekwoi e altri abitanti del villaggio usano una tecnica crudele: catturano un topo, gli somministrano veleno e lo lasciano nei campi per attirare le cicogne. Quando gli uccelli si avvicinano per mangiare, entrano in contatto con il veleno e, debilitati, vengono facilmente catturati e uccisi.
Questa pratica, purtroppo, è illegale, dato che tra le vittime ci sono anche specie protette, ma per molti non ci sono alternative. Joel Cherop, un agricoltore e attivista ambientale di 45 anni, sta cercando di fermare questa pratica. Secondo Cherop, solo quest’anno circa 3.000 cicogne sono state uccise durante la stagione migratoria. Nonostante le difficoltà economiche, Cherop cerca di sensibilizzare la comunità, sottolineando che il cambiamento climatico e la siccità sono responsabili della disastrosa situazione.
Cherop, inoltre, ha intrapreso un'iniziativa personale per migliorare la situazione, piantando migliaia di alberi da frutto e offrendo lavoro ai locali. Sebbene le condizioni siano difficili, Cherop crede che la comunità stia solo cercando di sopravvivere, trovando nei migratori l'unica fonte di proteine disponibili.
La situazione, dunque, rimane critica, e le difficoltà legate al cambiamento climatico continuano a peggiorare, costringendo gli abitanti a fare scelte difficili per la loro sopravvivenza.
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