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Social media
02 Maggio 2025 - 15:45
Ogni giorno in Italia milioni di utenti utilizzano Facebook, WhatsApp, X (Twitter) e Instagram senza restrizioni, esprimendo opinioni liberamente, salvo ovvie eccezioni legate a diffamazione, calunnia o incitamento all’odio. È un diritto che spesso viene dato per scontato, tanto che, se un social smette di funzionare anche solo per qualche ora, la prima reazione degli utenti è lamentarsene pubblicamente, magari utilizzando un’altra piattaforma per farlo.
Non ovunque però esiste questa libertà digitale. Milioni di persone nel mondo vivono in paesi dove i social network sono soggetti a forti limitazioni o addirittura vietati del tutto. In alcuni casi, il blocco è permanente; in altri, i governi impongono restrizioni temporanee per motivi di sicurezza o controllo dell’informazione. È il caso di molte rivoluzioni nel mondo arabo, durante le quali diversi governi hanno bloccato l’accesso a Telegram, X e WhatsApp per impedire ai manifestanti di organizzarsi e diffondere notizie.
La libertà di navigazione su internet cambia radicalmente tra Italia e paesi come Cina, Russia, Iran, Corea del Nord, Pakistan, Venezuela e Myanmar, dove social network come X e altri servizi simili come Facebook sono completamente banditi. In questi paesi esistono piattaforme alternative, ma con un rigido controllo governativo sui contenuti e sulla libertà di espressione.
La censura digitale è una caratteristica esclusiva dei regimi dittatoriali, che limitano l’accesso ai social per contrastare la diffusione di informazioni non controllate dallo Stato. Non si tratta solo di Facebook, X, WhatsApp o YouTube, ma di una restrizione che colpisce l’intero ecosistema digitale, impedendo ai cittadini di comunicare liberamente con il resto del mondo.
Nei paesi democratici, invece, l’accesso ai social network è garantito, ma possono esistere limitazioni specifiche sull’utilizzo. In Francia, ad esempio, è vietato negare l’Olocausto, così come sono proibite la propaganda terroristica e l’apologia della violenza. In questi casi, chi viola le regole può vedersi sospendere il proprio account, ma senza che l’intera popolazione venga privata dell’accesso ai social.
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