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SOCIAL & ABITUDINI

Passare il tempo sui social aumenta la noia? I dati lo confermano

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Psychology, l’abbondanza di contenuti riduce il coinvolgimento e alimenta l’insoddisfazione

Passare il tempo sui social aumenta la noia? I dati lo confermano

Immagine di repertorio

Lo scrolling compulsivo tra video e post è diventato un gesto quotidiano. Si cerca qualcosa che intrattenga, distragga, riempia il tempo. Ma il risultato, spesso, è una sensazione di vuoto ancora più marcata. La tecnologia offre intrattenimento senza fine, ma secondo una recente ricerca pubblicata sul Journal of Experimental Psychology: General, più si cerca di riempire ogni istante, più aumenta la noia.

Non è la mancanza di stimoli a generarla, ma la distanza tra il coinvolgimento percepito e quello desiderato. A dimostrarlo è il lavoro della psicologa Katy Tam, che ha coordinato sette esperimenti su oltre 1200 partecipanti. Quando la libertà di scelta è troppo ampia — come accade ogni giorno sui social — cresce anche il rischio di insoddisfazione. È la cosiddetta trappola dell’abbondanza: all’aumentare dello scrolling, si affievolisce la percezione di essere davvero presenti.

In due esperimenti chiave, gli studenti che potevano saltare o cambiare video si annoiavano più di quelli che dovevano guardare un contenuto dall’inizio alla fine. Lo stesso valeva per chi sceglieva tra tanti video brevi, rispetto a chi vedeva un unico video più lungo. Un effetto che sembra ridursi con l’età, segno che le abitudini digitali cambiano nel tempo.

La noia, però, non va vista soltanto in chiave negativa. Alcuni studi la collegano allo sviluppo della creatività. Quando la mente smette di essere occupata da stimoli continui, si attiva in modo diverso. È proprio nei momenti di vuoto che, talvolta, nascono idee nuove. Chi si concede pause durante compiti complessi tende a trovare soluzioni più originali rispetto a chi resta costantemente concentrato.

Non va confusa con l’apatia, che è mancanza di slancio e interesse. La noia, al contrario, può diventare una spinta a cambiare attività o cercare qualcosa di diverso. Lo psicologo cognitivo James Danckert, dell’Università di Waterloo, parla di una differenza netta: la noia orienta verso il movimento, mentre l’apatia blocca ogni iniziativa. Alcuni esperti suggeriscono di fare attenzione al modo in cui si svolgono anche le azioni più semplici, trasformandole in esercizi di attenzione. Per i bambini può essere utile, ad esempio, tenere a disposizione una lista di attività preferite da cui scegliere nei momenti di stallo.

Nonostante gli inviti degli studiosi a un uso più consapevole del tempo, la realtà quotidiana segue spesso un’altra direzione, soprattutto tra i più giovani. Una recente indagine promossa da Heineken ha rilevato che il 92% degli Zillennials italiani — nati tra i primi anni Novanta e i primi Duemila — pratica lo social scrolling in modo compulsivo. E non solo in solitudine: oltre un terzo dichiara di controllare il telefono almeno quattro volte durante una serata in compagnia. Nel Regno Unito e negli Stati Uniti la tendenza è ancora più diffusa, con il 90% dei coetanei che ammette di farlo anche mentre è con amici o familiari.

Tra le principali distrazioni emerse dall’indagine: il 62% degli intervistati americani e britannici guarda i social durante momenti di interazione, il 36% controlla le e-mail di lavoro e il 30% gioca online di nascosto. I giovani italiani risultano leggermente meno orientati all’evasione digitale: preferiscono chattare (55%), scattare foto (54%) o postare contenuti (32%), ma anche in questo caso quasi un terzo (31%) controlla messaggi o e-mail di lavoro anche durante occasioni sociali. Cercare di riempire ogni momento può sembrare la soluzione più semplice contro la noia. Ma spesso non fa che aumentare la frammentazione dell’attenzione e quella stessa sensazione di vuoto da cui si cercava di fuggire.

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