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Sanità

Il paziente con il cuore a metà salvato a 32 anni da un intervento mai eseguito prima

Tecnica trans-cateterica sperimentale riuscita al Bambino Gesù. Dimesso dopo 6 giorni con insufficienza mitralica quasi scomparsa

Il paziente con il cuore a metà salvato a 32 anni da un intervento mai eseguito prima

Manovre fuori protocollo, approccio trans-cateterico e tecnologie avanzate: è con questi strumenti che un’équipe dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha salvato la vita a un giovane adulto di 32 anni affetto da una complessa cardiopatia congenita, una condizione nota come “cuore a metà” in cui il paziente è privo del ventricolo destro.

A metterlo in pericolo era un grave malfunzionamento della valvola mitrale, causa di un sovraccarico per l’unico ventricolo funzionante.  Il “cuore univentricolare” è una malformazione congenita rara e grave, in cui solo un ventricolo riesce a pompare sangue in tutto il corpo. Nei pazienti che raggiungono l’età adulta, la condizione può peggiorare sensibilmente, provocando insufficienze valvolari e aumentando il rischio di trapianto o decesso. Il paziente in questione, seguito fin dall’infanzia dal Bambino Gesù, aveva già affrontato molteplici interventi per costruire un sistema di circolazione alternativo, il cosiddetto “Fontan”, che consente al sangue venoso di raggiungere i polmoni senza passare per il cuore. Dopo il via libera del Comitato Etico e del Ministero della Salute, i medici hanno eseguito una procedura mininvasiva mai tentata prima in casi simili, grazie anche al supporto di esperti internazionali.

Dopo un’attenta valutazione multidisciplinare, il team ha optato per una procedura mininvasiva trans-cateterica. Attraverso un accesso inusuale  è stato introdotto un catetere fino alla valvola difettosa per impiantare tre clip che ne rinforzano la chiusura. L’intervento, tecnicamente complesso e mai descritto nella letteratura scientifica per questa specifica anatomia, ha richiesto manovre non standard e una pianificazione dettagliata resa possibile grazie alla creazione di modelli 3D personalizzati del cuore e a simulazioni virtuali condotte dagli esperti dell’Unità di Imaging avanzato dell’ospedale. «La necessità di passare attraverso il condotto di Fontan – spiega il dottor Butera – ha richiesto soluzioni anatomiche e manovre fuori dagli standard convenzionali. Abbiamo dovuto garantire il corretto posizionamento delle clip per ottenere la massima efficacia senza mettere a rischio il paziente».

Grazie all’intervento, l’insufficienza mitralica si è ridotta da grave a inferiore al livello lieve. Le condizioni del paziente sono migliorate rapidamente ed è stato dimesso dopo soli sei giorni con una drastica riduzione della terapia farmacologica. Il successo di questo intervento si inserisce in un progetto più ampio dell’Ospedale Bambino Gesù, volto allo sviluppo di tecniche innovative per il trattamento delle disfunzioni valvolari nei pazienti con cardiopatie congenite rare e complesse. «Stiamo costruendo un programma di riferimento per l’Europa – spiega Butera – per offrire opzioni terapeutiche ai pazienti considerati non operabili o ad altissimo rischio». «I progressi ottenuti negli ultimi vent’anni – aggiunge la dottoressa Montanaro – hanno permesso a molti pazienti nati con gravi cardiopatie di raggiungere l’età adulta. Ma oggi affrontiamo nuove sfide, spesso poco note. Servono professionisti altamente specializzati e approcci sempre più innovativi».

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