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I “fantasmi” del Giappone: chi sono gli johatsu, le persone che spariscono per vergogna

Decide di farlo chi perde il lavoro, affronta un divorzio o si ritrova in gravi difficoltà economiche

I “fantasmi” del Giappone: chi sono gli johatsu, le persone che spariscono per vergogna

Foto di repertorio

In Giappone c'è un fenomeno inquietante e silenzioso che, anno dopo anno, continua a registrare numeri impressionanti: decine di migliaia di persone scompaiono senza lasciare traccia, abbandonando ogni legame con la vita che conducevano fino a quel momento. Sono gli “johatsu”, letteralmente “gli evaporati”, uomini e donne che scelgono di sparire, di dissolversi nell’ombra, inghiottiti da una società che non prevede spazio per il fallimento.

Dietro queste sparizioni non c'è quasi mai un crimine. Si tratta per lo più di allontanamenti volontari, di persone che decidono di cancellare la propria identità, fuggendo da un sistema sociale rigidissimo in cui ogni individuo — uomo, donna o bambino — è chiamato ad aderire a ruoli prestabiliti, imposti da norme non scritte ma profondamente interiorizzate.

Chi perde il lavoro, affronta un divorzio o si ritrova in gravi difficoltà economiche, spesso percepisce di non avere più un posto nella società. L’onore perduto, la vergogna del fallimento e l’impossibilità di reintegrarsi alimentano la scelta estrema: sparire, cambiare nome, ricominciare altrove. Nessuna telefonata, nessuna lettera, nessun addio.

In Giappone, la sparizione diventa così una via di fuga dalla pressione sociale, un’estrema forma di autodifesa. Ma resta anche il segnale di un disagio profondo e sistemico, che trasforma la vergogna in esilio volontario, e l’identità in un peso insostenibile.

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