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Procrastinare il sonno per "recuperare tempo": un fenomeno che alimenta lo stress

Viene definito come "revenge bedtime procrastination" e viene visto come una sorta di auto-sabottaggio

Procrastinare il sonno per "recuperare tempo": un fenomeno che alimenta lo stress

Foto di repertorio

Esiste un fenomeno con un nome preciso: revenge bedtime procrastination, ovvero la procrastinazione del sonno come una forma di rivalsa. Si tratta di una scelta consapevole, seppur controproducente, di ritardare l'ora di andare a dormire per recuperare tempo personale in risposta a una giornata percepita come troppo intensa, stressante o dominata dalle esigenze degli altri. Non è insonnia, ma una vera e propria decisione di sacrificare il riposo per recuperare quel poco di libertà che il resto della giornata non ha offerto.

Il concetto è stato esplorato per la prima volta in uno studio del 2014 pubblicato su Frontiers in Psychology, che definisce la procrastinazione del sonno come una forma di auto-sabotaggio legata a una carenza di autocontrollo. Un’indagine successiva, apparsa su Current Psychology nel 2020, ha esteso l’analisi, osservando come il fenomeno persista anche una volta a letto, con l’uso di smartphone e dispositivi che rubano ulteriore tempo prezioso.

Il risultato è un ciclo vizioso: meno sonno, maggiore stanchezza, più stress. Un circolo che si autoalimenta. Eppure, dietro questa scelta, c'è un bisogno reale e profondo: la voglia di ritagliarsi uno spazio personale, un momento di silenzio e di libertà, quando tutto il resto tace.

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