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Curiosità

Il caffè a Venezia si fa con l'acqua dei canali

Si chiama Canal Café ed è il progetto più ambizioso (e profumato) della Biennale 2025

Il caffè a Venezia si fa con l'acqua dei canali

In una città dove l’acqua è ovunque ma mai bevibile, qualcuno ha deciso di fare l’impensabile: preparare un caffè con l’acqua dei canali di Venezia. No, non è uno scherzo né una trovata pubblicitaria. È un progetto reale, ingegnoso e sorprendentemente poetico, destinato a far parlare di sé ben oltre la durata della 19ª Biennale Architettura, che animerà la città lagunare da maggio a novembre 2025.

Il suo nome è Canal Café ed è molto più di un esperimento gastronomico. Alla base c’è una sfida ambiziosa e (apparentemente) paradossale: trasformare l’acqua che tutti evitano in un simbolo di rigenerazione urbana.

Dietro questa provocazione raffinata c’è una squadra internazionale che unisce architettura, sostenibilità e alta cucina. A guidarla è il celebre Carlo Ratti, insieme allo studio Diller Scofidio + Renfro, al teorico dell’architettura Aaron Betsky e alle aziende specializzate in depurazione Natural Systems Utilities e Sodai. Ma la ciliegina è l’inconfondibile tocco dello chef Davide Oldani, pronto a dare al caffè più insolito d’Italia una dignità gastronomica.

La procedura? Ingegnosa quanto trasparente: l’acqua dei canali viene raccolta e filtrata grazie a un sistema naturale che sfrutta piante fitodepuratrici e vasche comunicanti, fino a renderla pura, limpida e perfettamente potabile. Solo allora diventa l’ingrediente base per un espresso servito in una postazione open-air allestita davanti al Padiglione Italia, in zona Arsenale.

Che Venezia sia legata a doppio filo al caffè non è una novità. Fu infatti tra le prime città europee ad accoglierlo nel XVII secolo, e ospita tuttora il leggendario Caffè Florian, simbolo di eleganza e convivialità. Ma con il Canal Café il rapporto tra la città e la sua bevanda simbolo cambia prospettiva: il caffè non arriva solo da lontano, ma nasce da ciò che già c’è — e che spesso ignoriamo.

Non è un caso che proprio qui si voglia dimostrare che anche ciò che appare compromesso può essere trasformato, rivalutato, restituito alla collettività in forme nuove e intelligenti. Un messaggio potente in tempi in cui la parola “sostenibilità” rischia di diventare retorica se non accompagnata da gesti concreti.

Il Canal Café è un’installazione, certo. Ma è anche un invito a ripensare la città e il nostro modo di viverla. In un momento in cui l’attenzione per l’ambiente, il riuso e la valorizzazione delle risorse è più urgente che mai, questa tazzina di caffè porta con sé una visione radicale e ottimista: l’idea che l’innovazione non stia sempre nell’aggiungere qualcosa, ma spesso nel guardare con occhi nuovi ciò che abbiamo già sotto il naso — o sotto i piedi.

E poi, ammettiamolo: ordinare un espresso “a base di laguna” è anche un piccolo brivido esistenziale, il modo più elegante per mettere in discussione pregiudizi e certezze, almeno fino all’ultima goccia.

Chissà, magari il prossimo trend non sarà il cold brew con ghiaccio di montagna o il flat white australiano, ma il “canal espresso veneziano”.

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