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Economia
13 Maggio 2025 - 14:40
Secondo un’analisi del Sole 24 Ore, nel giro di pochi giorni le principali società italiane avranno completato la distribuzione di dividendi per un valore complessivo di 42 miliardi di euro. Una cifra imponente che rappresenta un’ottima notizia per chi ha scelto di investire i propri risparmi in Borsa.
Tra tutti i settori a brillare sono soprattutto i titoli bancari che offrono ai propri azionisti rendimenti da capogiro. Un esempio concreto: chi ha acquistato l’azione B a 100 euro e riceve un dividendo di 5 euro, ottiene un rendimento del 5%, noto come dividend yield. Il valore dell’azione può poi variare nel tempo ma quel rendimento sul prezzo d’acquisto resta una misura importante per valutare l’investimento.
Nel panorama bancario, i numeri sono particolarmente generosi: Monte dei Paschi di Siena offre un dividend yield dell’11%, seguita da Banco Bpm e Banca Ifis, entrambe vicine al 10%. È vero che si tratta di istituti al centro del cosiddetto risiko bancario – e quindi oggetto di operazioni di finanza straordinaria – ma non tutte le protagoniste rientrano in questo schema.
Intesa Sanpaolo e Banca Mediolanum, ad esempio, sono fuori dalle trattative ma offrono comunque rendimenti del 7%, ben superiori ai titoli di Stato a lunga scadenza, che in un contesto di tassi in discesa rendono intorno al 3-3,5%. In sostanza i piccoli risparmiatori che hanno puntato sulle azioni bancarie non solo hanno beneficiato dell’aumento delle quotazioni ma hanno anche incassato dividendi doppi rispetto a quelli dei Btp.
Eppure, è proprio qui che si apre un paradosso inquietante. Le stesse banche che distribuiscono dividendi record sono quelle che gestiscono il risparmio degli italiani, proponendo fondi comuni, polizze e strumenti diversificati. Ma quando le azioni di un istituto offrono rendimenti a doppia cifra, la concorrenza ai prodotti di risparmio gestito diventa insostenibile.
Il rischio è duplice. Da un lato, indirizzare il risparmio dei clienti verso il titolo azionario della propria banca, pratica già osservata in passato, è altamente rischioso e potenzialmente dannoso. Dall’altro, l’industria del risparmio gestito, sebbene evoluta e competitiva, si trova nella necessità di dimostrare di saper offrire alternative davvero appetibili.
Il problema è anche culturale: molti risparmiatori ritengono erroneamente che i titoli delle banche siano sicuri per definizione, quasi assimilabili ai bond. Un’illusione pericolosa, che potrebbe portare alla disaffezione verso la diversificazione, pilastro di ogni strategia di investimento sana.
Gli eccellenti rendimenti distribuiti dalle principali banche italiane rappresentano una buona notizia per gli azionisti, ma anche una sfida strategica per i vertici degli istituti. Se i clienti dei fondi della banca X iniziano a chiedersi perché non investire direttamente sulle azioni della stessa banca, il rischio è di assistere a uno spostamento progressivo del risparmio verso strumenti più rischiosi, ma percepiti come più redditizi. Una dinamica che potrebbe avere effetti sistemici, soprattutto se si accompagna a una comunicazione poco trasparente o a una gestione disinvolta delle relazioni con la clientela retail.
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