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L'allarme

Il lavoro è minacciato dal fenomeno del "quiet quitting": ecco di che cosa si tratta

Il basso livello di coinvolgimento potrebbe causare una perdita economica che si aggira intorno agli 8,8 trilioni di dollari

Il lavoro è minacciato dal fenomeno del "quiet quitting": ecco di che cosa si tratta

Il fenomeno del “quiet quitting” non implica che i dipendenti lasciano il loro lavoro di nascosto. Piuttosto, si riferisce a una condizione che sta emergendo in molti ambienti professionali, dove i lavoratori scelgono deliberatamente di ridurre al minimo il loro impegno. Invece di dare il massimo e investire tempo ed energie per raggiungere obiettivi e portare avanti la mission aziendale, queste persone si limitano a fare solo il necessario, senza sforzarsi di andare oltre le aspettative minime. È una forma di "disimpegno silenzioso", che sta prendendo piede in molte organizzazioni.

Non è solo un semplice comportamento individuale, ma sta diventando un fenomeno strutturale che coinvolge grandi numeri di lavoratori. Un recente sondaggio condotto da Gallup evidenzia l'entità di questa problematica: il basso livello di coinvolgimento dei dipendenti causa una perdita economica globale che si aggira intorno agli 8,8 trilioni di dollari, ovvero il 9% del PIL mondiale. Un dato impressionante che mette in evidenza come l’apatia sul posto di lavoro non solo danneggi le singole aziende, ma abbia anche ripercussioni significative sull’economia globale nel suo complesso.

Le ragioni dietro al “quiet quitting” sono molteplici e variano da contesto a contesto, ma una delle cause più comuni è l’insoddisfazione nei confronti di alcuni aspetti del lavoro. Spesso i dipendenti non si sentono stimolati o valorizzati nel loro ruolo, o percepiscono una mancanza di opportunità di crescita professionale. Questo può essere aggravato da un carico di lavoro eccessivo, che li porta a sentirsi sopraffatti e incapaci di gestire efficacemente le proprie responsabilità. In questo scenario, l’atteggiamento che prende piede è quello di fare il minimo indispensabile per non rischiare di perdere il posto, ma senza cercare di eccellere.

A questa insoddisfazione si aggiungono, talvolta, difficoltà a riconoscere il valore e l’impatto del proprio lavoro. Quando i dipendenti non vedono un chiaro legame tra i loro sforzi e i risultati o la crescita dell'azienda, tendono a stancarsi. La motivazione, quindi, comincia a svanire, sostituita da una routine che non alimenta la passione né il desiderio di migliorarsi.

Il fenomeno del “quiet quitting” non è solo dannoso per i lavoratori stessi, ma ha anche un impatto negativo sulle performance aziendali. Le aziende che non riescono a coinvolgere pienamente i propri dipendenti rischiano di perdere talenti preziosi, ridurre l’innovazione e compromettere la qualità del lavoro svolto. Un team poco motivato è meno produttivo e più incline a commettere errori. La cultura aziendale si deteriora, e con essa anche il morale dei dipendenti che, pur continuando a lavorare, si sentono distaccati e disinteressati.

Cosa fare per combattere questo fenomeno? Innanzitutto, le aziende devono investire nel miglioramento dell'ambiente di lavoro, favorendo la comunicazione aperta e trasparente. I dipendenti devono sentirsi ascoltati e compresi, e le aziende devono impegnarsi attivamente nel creare opportunità di crescita e sviluppo professionale. Inoltre, un carico di lavoro eccessivo deve essere bilanciato con politiche di supporto e benessere che favoriscano l'equilibrio tra vita privata e professionale. Solo così si potrà ridurre il fenomeno del “quiet quitting” e stimolare una maggiore motivazione e produttività.

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