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La scoperta
13 Maggio 2025 - 23:45
Un team di ricercatori ha scoperto che tutti gli esseri viventi, dagli esseri umani agli animali e alle piante, emettono una debole luce visibile, che svanisce al momento della morte. Sebbene questa luminosità sia talmente tenue da essere invisibile a occhio nudo, gli scienziati sono riusciti a rilevarla grazie all’uso di strumenti altamente sofisticati. È una scoperta affascinante che potrebbe aprire nuove strade nella diagnostica non invasiva, permettendo di monitorare lo stato di salute attraverso la rilevazione di questa debole luminescenza.
Il fenomeno, conosciuto come Ultra-Weak Photon Emission (UPE), si verifica a livello biologico, ed è legato a fenomeni biochimici e metabolici come lo stress ossidativo e la comunicazione intracellulare. I ricercatori hanno osservato che, quando un organismo è vivo, emette fotoni a una velocità così bassa da risultare impercettibile, ma che tale emissione diminuisce drasticamente dopo la morte, quasi a spegnersi completamente. Questo processo, che potrebbe sembrare misterioso, è in realtà una manifestazione fisica di complesse reazioni cellulari.
Il team di ricerca, guidato da scienziati canadesi dell'Istituto per la Scienza e la Tecnologia Quantistica dell’Università di Calgary, ha testato il fenomeno su topi e foglie di piante. Utilizzando telecamere EMCCD (a dispositivo a accoppiamento di carica e moltiplicazione di elettroni), straordinariamente sensibili, gli scienziati sono stati in grado di rilevare fotoni emessi a livelli così bassi che i dispositivi sono capaci di captare anche un singolo fotone con un’alta efficienza. Questi strumenti permettono di analizzare l'emissione di luce biologica in modo preciso, con una sensibilità superiore al 90%, anche in condizioni di basso rumore.
La scoperta che la luce emessa dagli esseri viventi scompaia al momento della morte è stata una delle principali conclusioni della ricerca. Durante l’esperimento sui topi, i ricercatori hanno osservato come, dopo la morte degli animali, la luce si spegnesse progressivamente, nonostante fossero mantenuti alla stessa temperatura corporea. Un altro interessante aspetto è stato osservato nelle foglie di Arabidopsis thaliana e Heptapleurum arboricola: in questi casi, l'emissione di fotoni ultradeboli aumentava in risposta ai danni alle piante, così come in seguito a un aumento della temperatura, dimostrando la relazione tra lo stress e l’UPE.
Il fenomeno dell’UPE, sebbene debole, potrebbe rappresentare una chiave importante per l'analisi della salute biologica. Secondo i ricercatori, la capacità di rilevare e visualizzare l’emissione di fotoni ultradeboli potrebbe un giorno essere utilizzata come strumento diagnostico, non invasivo, in grado di monitorare lo stato di salute di un individuo. Una luce che scompare con la morte, ma che potrebbe, nel futuro, rivelarsi una risorsa preziosa per la medicina preventiva.
Il professor Oblak, insieme ai suoi colleghi, ha affermato che la ricerca potrebbe trasformarsi in un'innovativa metodologia per determinare lo stato di salute, evidenziando i cambiamenti nei tessuti in tempo reale. Gli sviluppi futuri potrebbero portare a una vera e propria rivoluzione nel campo della diagnostica, utilizzando la luminosità che ogni organismo emette per capire meglio la salute e il benessere.
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