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Cervello umano
15 Maggio 2025 - 05:20
Un ragno saltatore, tutto fuorché spaventoso
L’aracnofobia, la paura irrazionale dei ragni, è uno dei timori più diffusi al mondo, colpendo fino al 4% della popolazione, seconda solo alla paura dei serpenti. Già nel 1863, il reverendo inglese John George Wood notava come le donne fossero particolarmente soggette a questa fobia, spesso reagendo con urla e salti sulle sedie di fronte a un ragno in casa.
Nonostante l’orrore che molti provano, ragni come quelli osservati da Wood sono creature affascinanti, utili all’ecosistema per il controllo di insetti fastidiosi. Dal punto di vista neurologico, la reazione di paura scatta in modo quasi automatico, grazie a un meccanismo primitivo che coinvolge l’amigdala, che prepara corpo e mente a fuggire o combattere, spesso prima ancora di pensare razionalmente al pericolo reale.
Tuttavia, poche specie di ragni sono effettivamente pericolose per l’uomo. Per esempio, il biologo Tim Flannery ha ipotizzato che la nostra paura derivi dall’incontro evolutivo con specie letali come il ragno della sabbia africano, la cui puntura può essere mortale. Non solo la paura, ma anche il disgusto verso i ragni è comune. Questa reazione potrebbe derivare da antiche credenze medievali che li associavano a malattie e pestilenze, sebbene siano oggi ampiamente smentite.
Nel corso della storia, l’immagine del ragno ha subito una trasformazione culturale. Se nel XVIII secolo erano celebrati per la loro abilità e ingegno, nell’800 divennero simboli di minacce oscure e persino razziste nelle narrazioni gotiche, incarnando paure di invasione e sospetti verso “l’altro”. Anche Freud attribuì al ragno significati simbolici legati all’inconscio e alle dinamiche familiari. La presenza dei ragni nelle nostre case, nei “crepacci” della civiltà, ci ricorda la natura selvaggia che cerchiamo di controllare e allontanare, suscitando un disagio profondo perché abitano quelle “zone di confine” tra sicurezza e natura incontrollata.
Curiosamente, l’aracnofobia può essere superata. Nel 2006 la scrittrice Jenny Diski, dopo un percorso di educazione e esposizione graduale a ragni, riuscì a vincere la paura, sebbene con un senso di perdita di una parte di sé stessa. Altri metodi sperimentali includono terapie rapide di esposizione subliminale e trattamenti farmacologici innovativi che cancellano le memorie della paura nel cervello. Questi studi aprono nuove prospettive su come affrontare le paure ancestrali, rivelando che la nostra repulsione per i ragni è un intreccio complesso di evoluzione, cultura e biologia, ma non un destino immutabile.
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