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Politica Internazionale
15 Maggio 2025 - 10:20
A margine della riunione con i leader sunniti del Golfo, Trump ha scandito i suoi tre pilastri per una nuova intesa con Teheran: stop al finanziamento dei gruppi terroristici, fine delle guerre per procura in Medio Oriente, e cessazione permanente e verificabile della ricerca nucleare. Il messaggio, durissimo nei toni, si inserisce in un quadro in cui gli Stati Uniti cercano di ricostruire un ordine regionale più stabile, ma sotto la loro guida.
"Non possiamo più tollerare un Iran che agisce come Stato ombra", ha aggiunto il tycoon. Parole che risuonano forti mentre i Paesi del Golfo, storicamente diffidenti verso Teheran, applaudono a una postura americana tornata assertiva e interventista.
Il cambio di clima si è però avvertito poche ore dopo, quando Trump da Doha ha sorpreso tutti dichiarando che Washington e Teheran si stanno avvicinando a un’intesa sul nucleare. Una dichiarazione che lascia intravedere uno spiraglio nei colloqui avviati all’inizio di aprile, dopo anni di silenzio e accuse reciproche.
Secondo fonti diplomatiche, i negoziati si sono intensificati nelle ultime due settimane grazie alla mediazione del Qatar e alla disponibilità di Teheran ad accettare controlli più stringenti sulle proprie centrali. L’obiettivo americano è chiaro: smantellare ogni ambizione militare dell’Iran senza dover ricorrere a un’escalation militare.
La linea dell’ex presidente, tornato alla Casa Bianca dopo le elezioni del 2024, sembra ripercorrere la strategia del "maximum pressure" del suo primo mandato, ma con una novità: l’apertura a un compromesso se l’Iran rispetta condizioni chiare e monitorabili.
Non è un ritorno al JCPOA (l’accordo del 2015 voluto da Obama e poi stracciato proprio da Trump nel 2018), ma una sua riformulazione in chiave trumpiana: meno concessioni, più controllo, zero ambiguità.
Dal lato iraniano, nessun commento ufficiale. Ma il silenzio, in diplomazia, spesso vale più di mille parole. Il governo di Ebrahim Raisi sa che l’alternativa a un accordo potrebbe essere il ritorno a sanzioni devastanti o, peggio, a un conflitto aperto. La posta in gioco è alta, soprattutto ora che la regione appare nuovamente scossa da tensioni settarie e rivalità strategiche.
Non è la prima volta che Trump annuncia di essere vicino a un’intesa. Ma oggi, il contesto regionale e le pressioni interne — sia in Iran che negli USA — rendono la possibilità di una firma più concreta. Resta da capire se le condizioni dettate da Washington saranno accettabili per Teheran, e se la diplomazia saprà davvero disinnescare una delle crisi più esplosive degli ultimi decenni.
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