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Alimentazione salutare
19 Maggio 2025 - 13:15
Nata nel 2003 in Florida, la South Beach Diet non è una moda passeggera ma un programma alimentare che ha saputo attraversare il tempo, rimanendo ancora oggi una delle opzioni più seguite da chi desidera perdere peso senza sacrificare il gusto o il benessere. A svilupparla è stato Arthur Agatston, cardiologo del Mount Sinai Medical Center, con l’obiettivo di aiutare i suoi pazienti a migliorare salute cardiaca e stile di vita.
La dieta prende il nome proprio dal celebre quartiere di Miami ed è costruita su un principio semplice: evitare i picchi glicemici, imparando a riconoscere quali carboidrati favoriscono l’equilibrio metabolico e quali invece lo compromettono.
Secondo la dottoressa Diana Scatozza, esperta in nutrizione clinica, l'approccio South Beach è stato tra i primi a introdurre una distinzione tra carboidrati ad assorbimento veloce e quelli a rilascio graduale. Spiega che l'assunzione di zuccheri semplici provoca un rapido aumento dei livelli di glucosio nel sangue, che a sua volta attiva una risposta insulinica eccessiva. Questo meccanismo, secondo la dottoressa, favorisce l'accumulo di grasso e può condurre, nel tempo, a insulino-resistenza. Al contrario, lei sostiene che i cibi a basso indice glicemico stimolano una risposta più lenta e controllata, aiutando il corpo a metabolizzare meglio lo zucchero.
Anche le verdure, spesso considerate “neutre”, rientrano in questa logica. «Alcune contengono zuccheri assimilabili e devono essere consumate con moderazione», aggiunge la specialista. Meglio quindi scegliere ortaggi come spinaci, rucola, lattuga, cavoli e cetrioli.
La South Beach si articola in tre fasi progressive, pensate per accompagnare chi la segue verso il peso forma e soprattutto verso una nuova educazione alimentare.
Dura due settimane ed è la più restrittiva. Si eliminano completamente zuccheri, cereali raffinati, frutta fresca e tutti i carboidrati ad alto indice glicemico. Si privilegiano proteine magre (come pesce e pollame), verdure selezionate e frutta secca. Obiettivo: stimolare una perdita di peso rapida, riducendo liquidi e massa grassa in eccesso.
Una volta superata la prima fase, si cominciano a reintrodurre gradualmente alimenti ricchi di fibre e carboidrati complessi: cereali integrali, legumi, latte magro e frutta. Questa fase può durare settimane o mesi, a seconda dell’obiettivo di peso.
La terza fase rappresenta un ritorno alla normalità, ma con maggiore consapevolezza. Le regole imparate nelle fasi precedenti diventano abitudini, con la possibilità di fare eccezioni controllate, soprattutto in occasioni speciali.
Tra i suoi vantaggi principali, la South Beach non impone il conteggio delle calorie né la pesatura degli alimenti, rendendola compatibile con una vita sociale attiva, pranzi fuori casa compresi. Inoltre, aiuta a “disintossicarsi” dallo zucchero: eliminandolo per due settimane, si spezza il meccanismo di craving che porta al desiderio compulsivo di dolci.
Secondo la dottoressa Scatozza, la dieta è indicata soprattutto per chi vuole perdere peso in modo efficace, per chi soffre di colesterolo alto o presenta fattori di rischio cardiovascolari. È invece sconsigliata in caso di problemi renali o iperuricemia (acido urico elevato), come spesso avviene con le diete proteiche.
«Il momento dopo cena è spesso il più critico nelle diete», commenta Scatozza. «Avere un piccolo sfizio dolce già previsto può fare la differenza sul piano psicologico».
In sintesi, la South Beach Diet non è solo un modo per dimagrire, ma un percorso per cambiare il proprio rapporto con il cibo. Con flessibilità, equilibrio e pochi sacrifici.
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