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Perché raccontarsi fa bene al cervello (e anche al cuore): il potere della parola personale

L'autodivulgazione aiuta le persone a rafforzare le relazioni, costruire fiducia e creare legami

Perché raccontarsi fa bene al cervello (e anche al cuore): il potere della parola personale

Un celebre studio del 2012 firmato da Diana Tamir di Harvard e Jason Mitchell di Princeton ha rivelato un sorprendente segreto della mente umana: parlare di attiva nel cervello le stesse aree coinvolte nel piacere e nella ricompensa, quelle stesse che si accendono di fronte a stimoli come cibo, denaro o sesso.

Nel corso dell’esperimento, i partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale (fMRI) mentre rispondevano a domande che riguardavano le loro opinioni personali o quelle di altre persone. Il risultato è stato inequivocabile: il nucleo accumbens e l’area tegmentale ventrale, due centri chiave del sistema dopaminergico mesolimbico legato alla motivazione e al piacere, si sono illuminati significativamente quando si parlava di .

Non solo. I soggetti dello studio si sono mostrati disposti a rinunciare a piccole somme di denaro pur di rispondere a domande su di , piuttosto che su altri, dimostrando quanto sia profondo il valore che attribuiamo al condividere le nostre esperienze personali.

Questa tendenza a parlare di , nota come autodivulgazione, ha una funzione sociale importante: non si tratta semplicemente di esibizionismo, ma di un modo per rafforzare le relazioni, costruire fiducia e creare legami più profondi con gli altri. In un’epoca dominata dai social network, dove condividere dettagli personali è all’ordine del giorno, questa necessità sembra ancor più evidente e radicata nella nostra natura.

In sostanza, il nostro parlare di noi stessi non è semplice vanità, ma una necessità radicata nel bisogno umano di connessione sociale e gratificazione emotiva. Parlare di sécoccola” per il cervello, un gesto che ci fa sentire apprezzati, compresi e gratificati a livello profondo.

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