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21 Maggio 2025 - 21:25
Un celebre studio del 2012 firmato da Diana Tamir di Harvard e Jason Mitchell di Princeton ha rivelato un sorprendente segreto della mente umana: parlare di sé attiva nel cervello le stesse aree coinvolte nel piacere e nella ricompensa, quelle stesse che si accendono di fronte a stimoli come cibo, denaro o sesso.
Nel corso dell’esperimento, i partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale (fMRI) mentre rispondevano a domande che riguardavano le loro opinioni personali o quelle di altre persone. Il risultato è stato inequivocabile: il nucleo accumbens e l’area tegmentale ventrale, due centri chiave del sistema dopaminergico mesolimbico legato alla motivazione e al piacere, si sono illuminati significativamente quando si parlava di sé.
Non solo. I soggetti dello studio si sono mostrati disposti a rinunciare a piccole somme di denaro pur di rispondere a domande su di sé, piuttosto che su altri, dimostrando quanto sia profondo il valore che attribuiamo al condividere le nostre esperienze personali.
Questa tendenza a parlare di sé, nota come autodivulgazione, ha una funzione sociale importante: non si tratta semplicemente di esibizionismo, ma di un modo per rafforzare le relazioni, costruire fiducia e creare legami più profondi con gli altri. In un’epoca dominata dai social network, dove condividere dettagli personali è all’ordine del giorno, questa necessità sembra ancor più evidente e radicata nella nostra natura.
In sostanza, il nostro parlare di noi stessi non è semplice vanità, ma una necessità radicata nel bisogno umano di connessione sociale e gratificazione emotiva. Parlare di sécoccola” per il cervello, un gesto che ci fa sentire apprezzati, compresi e gratificati a livello profondo.
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