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Scienza e Spazio
23 Maggio 2025 - 15:30
C’è un tesoro sepolto sotto i nostri piedi, a oltre 3.000 chilometri di profondità. È lì da 4,5 miliardi di anni, quando la Terra si formò: un cuore metallico incandescente ricchissimo di oro, platino, rutenio e altri metalli preziosi, finora considerato del tutto irraggiungibile. Ma una nuova scoperta firmata da un team di ricercatori dell’Università di Gottinga potrebbe cambiare il nostro modo di pensare alla geologia del pianeta – e forse anche al futuro dell’estrazione mineraria.
Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, il 99,999% dell’oro e di altri metalli preziosi si trova nel nucleo terrestre, una zona considerata fino ad oggi completamente isolata dal resto del pianeta. Tuttavia, grazie a nuove tecniche di analisi isotopica, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che una piccola parte di questo materiale sta risalendo lentamente verso il mantello e la crosta terrestre, trasportato da enormi volumi di roccia surriscaldata.
La chiave di questa scoperta si trova in alcuni campioni di roccia vulcanica raccolti sulle isole Hawaii. Analizzando la composizione isotopica del rutenio presente in questi basalti, il team guidato da Nils Messling ha identificato un’anomalia: una presenza insolitamente elevata dell’isotopo 100Ru, riconducibile a una fonte diversa da quella del mantello superiore. Questo isotopo, spiega lo studio, è caratteristico del nucleo terrestre, dove rimase intrappolato insieme all’oro durante la formazione del pianeta.
“Quando sono arrivati i primi risultati, ci siamo resi conto di aver letteralmente trovato l’oro”, ha commentato Messling. Il segnale isotopico osservato, infatti, rappresenta la prima prova diretta che parte del materiale del nucleo – oro incluso – può effettivamente raggiungere il mantello superiore attraverso processi geodinamici profondi.
I dati raccolti aprono uno scenario radicalmente nuovo: il nucleo della Terra non è più visto come un compartimento ermetico, ma come una regione dinamica, che comunica con il mantello tramite scambi di materia. “Enormi volumi di materiale surriscaldato del mantello – diverse centinaia di quadrilioni di tonnellate – hanno origine al confine tra nucleo e mantello e risalgono verso la superficie, contribuendo alla formazione di isole oceaniche come le Hawaii”, ha spiegato Matthias Wilbold, co-autore dello studio.
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