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Google sotto pressione: per la prima volta in calo le ricerche su Safari, sostituite dai chatbot

L’intelligenza artificiale cambia il volto della ricerca online: Google risponde con AI Mode e Gemini

Google sotto pressione: per la prima volta in calo le ricerche su Safari, sostituite dai chatbot

Per la prima volta in 22 anni, il numero di ricerche effettuate con Google su Safari – il browser predefinito di Apple – è diminuito. A rivelarlo è stato Eddy Cue, dirigente di Apple, nel corso dell’udienza del processo sulla concorrenza che vede Google al centro di un’indagine antitrust. Il calo non è isolato. Già ad aprile 2024, la quota di mercato di Google era scesa sotto il 90% (89,65%), per la prima volta dal 2015. Molti analisti attribuiscono questa flessione alla crescente diffusione dei chatbot AI, capaci di fornire risposte immediate senza la necessità di navigare tra link e pagine web.

Il fenomeno ha preso slancio nel 2022, con il debutto pubblico di ChatGPT di OpenAI. Il successo del chatbot ha spinto Google a dichiarare un “codice rosso”, avviando una corsa all’integrazione dell’AI nei propri servizi. Il risultato è Gemini, la risposta di Google ai modelli linguistici di nuova generazione, attorno al quale ruota ora buona parte della strategia aziendale.

Durante la conferenza annuale Google I/O, tenutasi questa settimana, l’azienda ha presentato AI Mode, una nuova modalità del motore di ricerca. Disponibile per ora solo negli Stati Uniti, AI Mode permette agli utenti di dialogare direttamente con Google, ricevendo risposte personalizzate e capaci di attingere anche a contenuti come la posta elettronica o le ricerche precedenti.

Un primo assaggio di questo cambiamento si è avuto con AI Overview, funzione lanciata nel 2024 e da marzo disponibile anche in Italia, che fornisce riassunti automatici in cima ai risultati. Secondo Google, chi utilizza AI Overview tende a fare più ricerche, ma con modalità differenti. Tuttavia, le interazioni con i risultati tradizionali sono calate del 30%: sempre più utenti ottengono ciò che cercano direttamente dalla risposta AI, senza cliccare su alcun link.

Le conseguenze sono significative. Molti siti web – da quelli giornalistici all’e-commerce – dipendono dai clic provenienti da Google per generare traffico. Ma con l’AI che risponde al posto delle pagine, l’intero ecosistema SEO rischia di essere messo in crisi. E al momento Google non condivide i dati relativi al traffico generato da AI Mode, lasciando gli amministratori dei siti all’oscuro sull’impatto effettivo di questa rivoluzione.

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