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Italia prima in Europa per i compiti a casa, un primato che fa discutere

Gli studenti italiani studiano in media 2,3 ore al giorno: tra carico eccessivo, stress e richieste di riforma

 Italia prima in Europa per i compiti a casa: un primato che fa discutere

La questione dei compiti a casa continua a essere al centro del confronto tra famiglie, insegnanti e istituzioni. In Italia, gli studenti delle scuole secondarie dedicano in media 2,3 ore al giorno allo studio domestico, un dato che, secondo il 58° Rapporto Censis, rappresenta il più alto livello in Europa.
Questo primato solleva interrogativi importanti sul ruolo effettivo dei compiti nella formazione degli studenti, ma anche sulle conseguenze in termini di benessere psicologico, carico mentale e qualità del tempo libero. La discussione è tornata di attualità in seguito a una circolare ministeriale emanata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che invita le scuole a limitare l’eccessivo carico di lavoro extrascolastico e a pianificare le verifiche con attenzione, per evitare situazioni di stress e sovraccarico.

Cosa dicono i dati? L’indagine Novakid

Un contributo interessante al dibattito arriva da una ricerca condotta a marzo 2025 da Novakid, piattaforma online per l’apprendimento dell’inglese, che ha raccolto i pareri dei genitori in quattro Paesi: Italia, Romania, Polonia e Turchia. I dati offrono uno spaccato chiaro delle preoccupazioni delle famiglie italiane.

In particolare:

  • Il 30% dei genitori italiani sarebbe favorevole all’abolizione dei compiti nella scuola primaria, in linea con alcune pratiche già adottate in Finlandia e nei Paesi Bassi.

  • Il 30% ritiene i criteri di valutazione troppo basati sulla memorizzazione, a scapito di competenze più profonde.

  • Il 23% li giudica inefficaci nel rilevare le reali difficoltà degli studenti.

  • Il 19% li considera troppo frequenti, con il rischio di alimentare ansia e pressione.

Nonostante queste criticità, il 40% dei genitori afferma di non avere particolari problemi con i compiti, mentre il 30% denuncia un carico eccessivo, che secondo molti compromette l’equilibrio tra scuola, attività extrascolastiche e tempo libero.

Compiti sì o no? Le opinioni degli esperti

Anche tra gli esperti l’opinione è divisa. Lo psicologo Paolo Crepet ha definito i compiti “un sintomo del fallimento della scuola”, sostenendo che una didattica efficace dovrebbe essere in grado di raggiungere i propri obiettivi all’interno dell’orario scolastico.
Altri specialisti, tuttavia, difendono l’utilità dei compiti come strumento di consolidamento delle competenze, oltre che come mezzo per favorire autonomia, organizzazione personale e responsabilità nei più giovani.

Un’opinione pubblica spaccata

La diversità di visioni si riflette anche nelle opinioni dei genitori: alla domanda se sia opportuno vietare i compiti per i bambini tra i 7 e i 9 anni, il 33% si dichiara favorevole, il 32% contrario e il restante 35% preferisce non esprimersi.
Le motivazioni variano: i favorevoli evidenziano l’importanza del gioco, della socialità e della serenità nella crescita dei bambini; i contrari, invece, sottolineano il valore educativo dei compiti come preparazione alla responsabilità e alla disciplina scolastica.

Verso un nuovo modello di apprendimento?

Piuttosto che eliminare del tutto i compiti, molti osservatori propongono di ridefinirne natura e finalità. Meno esercizi ripetitivi e più attività significative, più attenzione alla qualità che alla quantità. La sfida è costruire un modello educativo che sappia favorire l’apprendimento senza compromettere il benessere degli studenti.

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