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VINO & ECONOMIA
28 Maggio 2025 - 18:05
L’Italia del vino sfida la crisi globale: mentre il mercato mondiale rallenta, il nostro Paese registra una crescita sorprendente, spinta da un export in salute e dal dominio incontrastato del Veneto. Ma tra opportunità e rischi, con l’incubo dei dazi USA che incombe, il settore guarda al 2025 con ottimismo cauto. Ecco perché questa dinamica merita attenzione.
Nel 2024 la produzione vinicola italiana è cresciuta del 15,1%, con un consumo interno stabile intorno ai 37,8 litri pro capite. Il dato emerge da uno studio dell’Area studi Mediobanca, che ha analizzato 255 aziende del settore per un fatturato complessivo di quasi 12 miliardi di euro, di cui quasi la metà arriva dall’export.
Nel 2024 l’Italia si è confermata leader mondiale per volume di vino esportato, con 21,7 milioni di ettolitri, seconda invece per valore economico dietro la Francia (8,1 miliardi contro 11,7 miliardi di euro). Gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di sbocco, assorbendo quasi un quarto delle esportazioni, circa 1,9 miliardi di euro. Proprio la possibile introduzione di nuovi dazi americani rappresenta una delle principali preoccupazioni del settore.
Il trend positivo riguarda soprattutto l’export, che nel 2024 è aumentato dello 0,7%, superando la crescita interna ferma allo 0,3%. Tra i vini più apprezzati all’estero spiccano i vini frizzanti, cresciuti del 9,1%. Le imprese friulane hanno fatto registrare la crescita più significativa, con un +8,2% complessivo e +7,1% all’estero, seguite da quelle toscane, che hanno visto un aumento delle vendite oltreoceano del 4,6%.
Tra le regioni, il Veneto si conferma prima per produzione, contribuendo con un quarto del vino italiano, e primeggia anche nell’export con oltre il 35% delle esportazioni nazionali. A seguire la Puglia con il 16,1%. Piemonte e Toscana, pur con quote minori di produzione (rispettivamente 4% e 5%), valgono quasi il 10% per valore e raggiungono insieme circa il 30% dell’export. Le aziende piemontesi realizzano oltre il 60% del loro fatturato fuori dai confini nazionali, con Toscana e Abruzzo non molto distanti.
Nel 2024 le maggiori realtà aziendali del settore hanno consolidato le loro posizioni: in testa Cantine Riunite-Giv con 676 milioni di fatturato (+0,6%), seguita da Argea (+3,3%) e IWB (-6,3%). Tra le cooperative di rilievo spicca Caviro con 385 milioni di euro di giro d’affari. Tra le grandi aziende spiccano Antinori, con un aumento del 7,4% e 261 milioni di fatturato, e La Marca, leader negli spumanti con un +11%. Dal punto di vista della redditività, Herita Marzotto vanta un margine netto del 17,8%, seguita da Antinori e Mionetto. Le aziende più orientate all’export sono quelle che producono quasi esclusivamente per i mercati esteri: Fantini Group (96%), Ruffino (93%) e Argea e Pasqua oltre il 90%.
Il settore rimane fortemente legato a strutture familiari e cooperative, che controllano rispettivamente il 65% e l’81,5% del patrimonio netto. Gli investitori esterni sono ancora marginali, con meno del 11% di capitale in mano a fondi, banche o private equity. Solo due società, Masi Agricola e IWB, sono quotate in borsa, entrambe sul mercato Euronext Growth dedicato alle piccole imprese. Per il 2025, nonostante i timori per i possibili dazi USA, le previsioni restano positive: si attende una crescita dell’1,7% nelle vendite complessive e un +2% nell’export, con i vini frizzanti in particolare stimati in crescita oltre il 6%. L’Abruzzo si distingue per ottimismo, con un +7,5% previsto nelle vendite.
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