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La sedia che ha conquistato il mondo: se ne contano oltre 1 miliardo solo in Europa

Da oggetto umile e accessibile a simbolo del design globale: come questa sedia è diventata l’arredo più diffuso al mondo, tra innovazione industriale e contraddizioni ambientali.

La sedia che ha conquistato il mondo: se ne contano oltre 1 miliardo solo in Europa

La sedia in plastica bianca, leggera e impilabile, è uno degli oggetti più riconoscibili al mondo. La sua onnipresenza nei contesti più disparati – dalle spiagge ai bar all’aperto, dai cortili familiari agli eventi pubblici – è il frutto di un mix vincente: praticità, costo contenuto e resistenza. Ma com’è riuscita questa seduta apparentemente banale a imporsi ovunque?

Quella che oggi chiamiamo comunemente “sedia monoblocco” è in realtà il risultato di decenni di ricerca e sperimentazione nel campo del design e dell’ingegneria dei materiali. Il termine “monoblocco” si riferisce al fatto che l’intera sedia è stampata in un singolo pezzo di plastica, solitamente polipropilene, attraverso un processo industriale chiamato stampaggio a iniezione.

Questo metodo permette di ottenere prodotti resistenti e leggeri con tempi e costi di produzione molto contenuti. La lavorazione consiste nell’iniettare plastica fusa in uno stampo, che una volta raffreddato restituisce la sedia pronta all’uso. Grazie alla sua forma essenziale e alla possibilità di essere impilata, questa sedia si è affermata come soluzione pratica e conveniente su scala mondiale.

L’idea di realizzare una seduta composta da un solo elemento non è recente. Già negli anni ’20 del Novecento si esploravano alternative in metallo e legno curvato. Tuttavia, fu solo tra gli anni ’40 e ’50, con l’avvento delle plastiche sintetiche e delle tecnologie di stampaggio, che il concetto prese realmente forma.

Figure come il canadese Douglas Colborne Simpson gettarono le basi, ma la vera svolta arrivò più tardi, quando designer visionari come Verner Panton (con la sua Panton Chair), Joe Colombo (4867 Universale) e Vico Magistretti (Selene) portarono nel mercato i primi esemplari in plastica stampata, completamente impilabili e futuristici per l’epoca. Anche se costosi, questi modelli possono essere considerati i precursori tecnici dell’attuale sedia monoblocco.

Il 1972 segna un punto di svolta. L’ingegnere francese Henry Massonnet sviluppa la Fauteuil 300, una sedia pensata per la grande distribuzione, facile da realizzare in tempi record. Con una produzione che richiedeva meno di due minuti per ogni esemplare, si aprì la strada alla realizzazione su scala industriale di quello che diventerà un vero fenomeno globale.

Nel decennio successivo, aziende europee come la Grosfillex (Francia) e Allibert (Italia) iniziarono a produrre milioni di copie ogni anno, portando la sedia in plastica nei mercati di tutto il mondo. Così nacque quella che oggi conosciamo come “resin garden chair”, la classica monoblocco bianca, accessibile e onnipresente.

Se da un lato questa sedia rappresenta un trionfo del design democratico – perché economica, funzionale e disponibile ovunque – dall’altro solleva importanti questioni legate alla sostenibilità. Realizzata in plastica non biodegradabile, è difficile da riparare e raramente riciclata, diventando spesso rifiuto.

Proprio per questo, negli ultimi anni molti designer contemporanei l’hanno reinterpretata per lanciare messaggi critici: esempi emblematici sono la Café Chair dei fratelli Campana, la Monothrone di Martino Gamper e la provocatoria Respect Cheap Furniture di Martí Guixé.

Uno degli aspetti più affascinanti della sedia monoblocco è che non appartiene a nessuno. Non esiste un brevetto esclusivo, nessun nome ne detiene i diritti. È stata replicata e adattata in ogni angolo del pianeta, diventando un oggetto “open source” prima ancora che il concetto diventasse comune. Proprio questa libertà di riproduzione ha favorito la sua diffusione capillare.

Secondo alcune stime, solo in Europa ne circolano circa un miliardo di unità, con numeri ancora maggiori a livello globale. In particolare, nei Paesi in via di sviluppo ha spesso sostituito le sedie tradizionali, offrendo una soluzione economica e resistente.

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