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02 Giugno 2025 - 10:20
Il futuro del nostro pianeta potrebbe essere molto più instabile di quanto si pensasse. Un nuovo studio firmato dai ricercatori Nathan A. Kaib del Planetary Science Institute (Arizona) e Sean N. Raymond del CNRS di Bordeaux mette in dubbio le precedenti rassicurazioni sul destino del Sistema solare. A lanciare l’allarme sono le cosiddette “stelle di campo”, astri erranti che, con il loro passaggio vicino al nostro sistema, potrebbero causare sconvolgimenti gravitazionali capaci di espellere la Terra nell'abisso dello spazio.
Finora gli scienziati avevano giudicato improbabile che una stella vagabonda potesse destabilizzare l’orbita dei pianeti. Ma la nuova simulazione realizzata dai due astrofisici ribalta la prospettiva: entro i prossimi cinque miliardi di anni, il Sistema solare subirà almeno 19 passaggi ravvicinati di stelle entro 3,26 anni luce – meno della distanza che ci separa da Alpha Centauri, la stella più vicina. Una distanza apparentemente sicura, ma sufficiente a compromettere l'equilibrio precario del nostro sistema.
Lo scenario è inquietante: anche una minuscola variazione dell’orbita di Nettuno – pari allo 0,1% – potrebbe bastare a far collassare la stabilità orbitale degli altri pianeti. Mercurio, ad esempio, rischierebbe di essere scagliato fuori dal Sistema solare oppure di finire addosso a Venere o alla stessa Terra. E quest’ultima, secondo lo studio, avrebbe una probabilità su 500 di venire espulsa nello spazio profondo o schiantarsi contro un altro pianeta.
Le stelle vagabonde trasformano inoltre Plutone da corpo celeste stabile in un oggetto a rischio instabilità per il 5% dei casi simulati. E ancora: Mercurio vede aumentare la sua probabilità di uscita di scena del 50–80%, mentre Marte corre un rischio dello 0,3% di essere perduto per collisione o espulsione. Percentuali apparentemente basse, ma rilevanti se si considera la scala temporale e il numero di passaggi ravvicinati ipotizzati.
Come se non bastasse, il destino della Terra è già segnato da un'altra condanna: la morte del Sole. Quando la nostra stella esaurirà il suo combustibile, si trasformerà in una gigante rossa e ingloberà i pianeti interni, o ne altererà gravemente le orbite. Se anche la Terra sfuggisse a questa sorte, l’aumento delle radiazioni e delle temperature distruggerebbe comunque ogni forma di vita.
L’unica via di salvezza, sottolineano gli scienziati, è diventare una specie multiplanetaria. Ma l’idea che basti trasferirsi su Marte – come auspicato da Elon Musk – non regge più: anche i pianeti più lontani non sono immuni all’instabilità causata dalle stelle erranti. “Rispetto alle instabilità già simulate in modelli di sistemi isolati, quelle causate dai passaggi stellari sono più frequenti e capaci di compromettere l’intero sistema prima della morte del Sole”, concludono Kaib e Raymond.
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