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Curiosità
02 Giugno 2025 - 16:20
In Giappone, l’orario d’ufficio non segna la fine della giornata lavorativa, ma spesso l’inizio di una sua versione informale, altrettanto importante: il nomikai, ovvero l’abitudine radicata di uscire a bere con colleghi o clienti dopo il lavoro. Un rito che va ben oltre il semplice svago e rappresenta un gesto di lealtà verso l’azienda, una prosecuzione simbolica del tempo passato in ufficio.
Partecipare a un nomikai non è formalmente obbligatorio, ma è fortemente atteso. Per molti lavoratori giapponesi, declinare un invito può essere percepito come segnale di distacco o scarso spirito di squadra. Al contrario, sedersi insieme a tavola, bicchiere alla mano, è visto come modo per rafforzare i legami, superare le barriere gerarchiche e confrontarsi in un ambiente più rilassato, dove anche le idee possono circolare più liberamente.
Ma dietro un brindisi si cela molto di più: il senso di appartenenza, il sacrificio personale e la ricerca dell’armonia all’interno del gruppo. Il nomikai è il luogo dove si costruisce la fiducia, si allentano le tensioni e si rinsaldano alleanze lavorative. È il lato sociale del dovere, un’estensione umana e profonda della dedizione al lavoro.
In un Paese dove la collettività viene spesso prima dell’individuo, questi momenti fuori dall’ufficio diventano parte integrante della carriera e della reputazione di una persona. Anche i neolaureati, appena entrati nel mondo del lavoro, imparano presto che il vero team building non si fa tra le scrivanie, ma davanti a un piatto di yakitori e un bicchiere di sakè.
Così, il nomikai continua a essere un pilastro della cultura aziendale giapponese, un luogo dove si costruisce il futuro, un brindisi alla coesione sociale.
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