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Curiosità
02 Giugno 2025 - 12:40
In Giappone, ogni pasto è una piccola cerimonia: si inizia con un itadakimasu, per ringraziare del cibo ricevuto, e si chiude con un gochisousama deshita, per onorare chi ha cucinato. Dentro questa filosofia si nasconde un’icona che ha superato i confini dell’arcipelago nipponico, invadendo cinema, manga, social e... lunchbox occidentali: il bento.
Ma attenzione: chiamarlo semplicemente "portapranzo" è riduttivo. Il bento è un gesto d'amore, un'opera d'arte in miniatura, un legame invisibile tra chi lo prepara e chi lo riceve.
La storia del bento affonda le radici nel lontano periodo Kamakura (1185–1333), quando i pasti venivano trasportati in contenitori rudimentali o avvolti in foglie. Ma è con l’epoca Edo (1603–1868) che il bento inizia a farsi spazio nella vita quotidiana: i viaggiatori lo portavano alla cintura, con gli immancabili onigiri (le polpette di riso) avvolti in foglie di bambù.
Il vero boom arriva però durante l’era Meiji (1868–1912), grazie all'espansione delle ferrovie: nasce l’ekiben, il bento venduto nelle stazioni, compagno ideale di ogni viaggio in treno. Durante la Seconda Guerra Mondiale, poi, il bento assume anche un ruolo pratico e simbolico: scatole metalliche riempite di riso accompagnavano i soldati giapponesi al fronte, portando con sé un frammento di casa.
Nel Giappone moderno, preparare un bento è molto più che cucinare. È un rituale, spesso affidato ai genitori, che mettono tempo, cura e creatività nel comporre pranzi per i figli, soprattutto in età scolare. È un modo per dire “ti voglio bene” senza usare parole, per accompagnare chi amiamo anche quando è lontano. E non solo: anche in ambito lavorativo il bento rappresenta un gesto di premura, di attenzione quotidiana.
Il bento ha trovato spazio anche sul grande schermo, diventando protagonista di storie dolci, commoventi e a volte persino comiche.
In Dad’s Lunch Box (2017), un padre separato impara a cucinare per restare vicino alla figlia. Ogni pranzo è un piccolo passo per ricostruire un rapporto.
In Bento Harassment (2019), una madre alle prese con un’adolescente ribelle trasforma il bento in una forma di comunicazione creativa e ironica.
In 461 Days of Bento (2020), un padre mantiene una promessa: preparare il pranzo al figlio ogni singolo giorno della scuola superiore. Un piccolo gesto, ripetuto 461 volte, che racconta tutto l’amore del mondo.
Anche il cinema internazionale se n’è accorto: in Lettere da Iwo Jima (2006) di Clint Eastwood, un semplice bento consumato dai soldati sulla spiaggia prima della battaglia diventa simbolo di umanità nel caos della guerra.
Se i film lo celebrano, anime e manga lo trasformano in leggenda. È presente ovunque: nei picnic di Totoro, nei viaggi di Suzume, nei treni affollati di Your Name. Ogni scena in cui si apre una scatola colorata piena di cibo sembra sussurrare: “anche questo è amore”.
Partendo da sinistra i bento di "Il mio vicino Totoro" e "Suzume"
In Food Wars!, il bento diventa addirittura una forma d’arte e competizione culinaria. Qui compare il temari bento, una versione elegante e sferica, con ingredienti colorati e presentazione impeccabile, ispirata alle temari, le palline decorative giapponesi.
Due dei bento preparati negli episodi di "Food Wars"
Oggi il bento è diventato virale. Su Instagram e TikTok, milioni di utenti condividono i propri bento fatti in casa, spesso ispirati agli anime o arricchiti da decorazioni adorabili in stile kawaii. Nascono tutorial, sfide e intere community dedicate a questa pratica. E chi vuole imparare può iniziare con libri come “Le Ricette di Keiko” di Keiko Irimajiri, perfetto per avvicinarsi a questo mondo fatto di colori, sapori e significati.
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Il bento è molto più di un pranzo. È una finestra sulla cultura giapponese, un modo per prendersi cura degli altri, una forma di espressione. È memoria, affetto, tradizione, e sì, anche tanta creatività.
E allora, che sia per affrontare una giornata di scuola, un lungo viaggio in treno o semplicemente per dire “sono con te”, un bento è sempre il modo giusto per farlo.
Itadakimasu!
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