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Curiosità

Quando votare non è una scelta: i Paesi dove è obbligatorio (e cosa succede se non lo fai)

Dalle multe simboliche alle sanzioni pesanti, fino alla perdita di diritti civili: ecco dove il voto è un dovere per legge e l’astensionismo è quasi inesistente

Quando votare non è una scelta: i Paesi dove è obbligatorio (e cosa succede se non lo fai)

Foto di repertorio

In Italia si torna a parlare di astensionismo, questa volta in occasione del referendum. Ma non in tutto il mondo è così: ci sono Paesi dove votare non è solo un diritto, ma un vero e proprio obbligo, con sanzioni che vanno dalle multe simboliche all’esclusione dalla vita pubblica.

In Europa l’obbligo di voto esiste in tre Paesi: Grecia, Belgio e Lussemburgo. Ma solo nel piccolo Granducato l’obbligo viene rispettato e sanzionato. In Grecia è ormai solo una formalità, senza alcuna conseguenza. In Belgio, nonostante la legge sia ancora in vigore dal 1894, le sanzioni previste – come l’impossibilità di lavorare nel pubblico – sono da anni inapplicate. Di fatto, l’unico obbligo rimasto è quello di presentarsi se si è chiamati a presiedere un seggio.

Caso estremo (e distopico) è la Corea del Nord, dove votare è obbligatorio a partire dai 17 anni. Sulla scheda compare un solo candidato e per esprimere dissenso bisogna andare in un’apposita cabina, attirando così l’attenzione del regime. L’affluenza sfiora sempre il 100%, ma più che esercizio democratico, è un mezzo di controllo sociale.

Tra i modelli democratici più solidi, c’è l’Australia, dove l’obbligo di voto esiste dal 1924. La partecipazione, dopo un crollo all’inizio del Novecento, è risalita fino al 91%. Chi non vota rischia una multa tra i 20 e gli 80 dollari australiani (15-55 euro), ma si può giustificare l’assenza. Un sistema che ha garantito affluenze alte e stabili, senza derive autoritarie.

Anche in Brasile votare è obbligatorio. La sanzione per chi non lo fa è minima – appena 70 centesimi di euro – ma le ripercussioni aumentano con le assenze: niente passaporto, niente università pubblica, niente prestiti statali. In pratica, si rischia l’esclusione totale dai servizi pubblici. Un deterrente potente, che spinge comunque milioni di cittadini alle urne, anche se il voto nullo resta diffuso.

L’obbligo di voto è una prassi comune in America Latina, ma spesso senza conseguenze reali. Succede in Argentina, Ecuador, Perù e Uruguay. In alcuni di questi Paesi, come l’Ecuador, il voto obbligatorio è visto anche come strumento di equità sociale: per questo esistono programmi che facilitano la partecipazione delle fasce più svantaggiate.

Infine, esistono numerosi Paesi in cui il voto è obbligatorio per legge ma le sanzioni non vengono mai applicate. Accade, ad esempio, in Egitto, Gabon, Thailandia, Turchia e Libia, così come in molti Stati dell’America Centrale, dalla Costa Rica al Paraguay.

Mentre l’Italia continua a fare i conti con percentuali sempre più basse di affluenza, il dibattito si riaccende: serve rendere il voto obbligatorio anche da noi? O il vero nodo è il disincanto crescente verso la politica? Intanto, nel resto del mondo, c’è chi – volente o nolente – alle urne ci va.

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