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Politica Internazionale
02 Giugno 2025 - 21:05
A Istanbul, oggi 2 giugno, i rappresentanti di Russia e Ucraina si sono parlati per circa un’ora, tra sorrisi di circostanza e promesse vaghe. Sul tavolo: la guerra. Fuori dal tavolo: ogni possibilità reale, almeno per ora, di fermarla.
Qualcosa, però, si è mosso. I due Paesi hanno raggiunto un’intesa su uno scambio di prigionieri: saranno rilasciati detenuti gravemente malati, feriti o con meno di 25 anni. Accordo anche per la restituzione dei corpi di 12.000 soldati caduti al fronte, 6.000 per parte. Una decisione simbolica, certo, e necessaria, ma che nella sostanza non cambia l’equilibrio di un conflitto che continua a consumarsi ogni giorno sui campi di battaglia.
Prima dei colloqui, l’Ucraina aveva presentato una proposta dettagliata per un cessate il fuoco di 30 giorni, preludio – nelle intenzioni di Kyiv – a una tregua permanente. Il piano includeva anche un incontro diretto tra i presidenti Zelensky e Putin. La Russia, invece, ha consegnato le sue condizioni solo durante la riunione. Il contenuto? Ancora top secret. Kyiv si è presa tempo per analizzarlo e il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, ha anticipato che il prossimo incontro potrebbe tenersi a fine giugno.
Nel frattempo, la guerra non è rimasta in pausa. Proprio il giorno prima dell’incontro, l’Ucraina ha condotto uno degli attacchi più spettacolari e audaci della guerra: colpiti cinque aeroporti militari in Russia, distrutti circa 40 bombardieri, secondo fonti ucraine. Un'operazione chirurgica e pianificata per oltre un anno e mezzo, con oltre 100 droni trasportati clandestinamente in camion per migliaia di chilometri, fino alla lontana Siberia. Un colpo al cuore logistico dell’aviazione russa che ridimensiona la narrazione del Cremlino e rafforza la determinazione ucraina.
Sullo sfondo, la frustrazione americana cresce. Il presidente Donald Trump, notoriamente vicino a Putin e sempre freddo con Zelensky, ha iniziato a mostrare segni di impazienza anche verso Mosca. La sua amministrazione sta tentando una mediazione parallela, ma finora i tentativi non hanno prodotto risultati. Il rischio? Che le diplomazie corrano a vuoto mentre i droni volano bassi.
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