Era il 2010 quando l’Antitrust infliggeva una maxi-multa da 2,2 milioni di euro a Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3g e a diverse società di servizi digitali per pratiche commerciali scorrette. L’accusa? Vendere suonerie, loghi e contenuti multimediali ai giovanissimi spacciandoli per acquisti singoli, quando in realtà si trattava di abbonamenti settimanali camuffati. Un sistema rodato, costruito per prosciugare il credito telefonico di adolescenti ignari, e che solo dopo anni di denunce e inchieste ha ricevuto una risposta ufficiale.
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A distanza di oltre un decennio, quella pagina controversa della storia delle telecomunicazioni italiane non smette di far discutere. Non solo per le cifre – centinaia di milioni di euro all’anno in guadagni – ma per l’impatto sociale e culturale che ha avuto su un’intera generazione. I protagonisti? Bambini con un cellulare a tasti, spot martellanti in tv e suonerie personalizzate che sembravano innocenti ma nascondevano trappole commerciali.
Il meccanismo era semplice: bastava inviare un SMS per ricevere il jingle del momento ma nessuno diceva chiaramente che si trattava di un abbonamento ricorrente. Lo raccontano in tanti. Una testimone ricorda: “Avevo dieci anni. Mandai un messaggio per scaricare una suoneria vista su Sky. Dopo pochi giorni, il credito era sparito. Mio padre dovette disattivarmi il numero”. Una storia tra le tante in un’epoca dove per disattivare un servizio serviva “una laurea in ingegneria nucleare”.
A trainare il fenomeno erano gli spot televisivi onnipresenti sulle reti Mediaset tra il 2002 e il 2008. Tra i volti più noti Wladimiro Tallini protagonista di decine di spot diventati cult. Oggi Wladi sorride con nostalgia ma senza rimpianti: “Mi divertivo, rifarei tutto. Erano anni più spensierati. Non ero io a registrare le suonerie, ero solo il volto. Ma poi sono arrivati i social e anche le minacce”.
Sì, perché la popolarità ebbe un prezzo. Minacce di morte, proiettili in busta, articoli in prima pagina. “Mi hanno dato per morto, mi hanno tolto il lavoro. È stato un momento buio. Ma ho tenuto duro”, racconta. Oggi è tornato alla ribalta su TikTok, portando con sé un’ondata di “operazione nostalgia”.
A suo tempo, le associazioni dei consumatori Codacons, Adusbef, Federconsumatori e Movimento Difesa del Cittadino avevano definito le suonerie a pagamento una “piaga silenziosa”, soprattutto perché colpiva i più giovani. La multa dell’Antitrust fu la prima vera ammissione ufficiale che qualcosa, in quel sistema, non era affatto trasparente.
Oggi quel mondo non esiste più: gli smartphone hanno reso obsolete le suonerie a pagamento, ma il ricordo resta. Un’epoca in cui bastava un SMS per sentirsi grandi e perdere tutto il credito nel giro di poche ore. Una lezione su fiducia, marketing e ingenuità, che ancora oggi fa suonare più di un campanello d’allarme.