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scienza
06 Giugno 2025 - 14:10
Immagine di repertorio
La sensibilità ai denti, quel dolore improvviso che si avverte con cibi freddi o caldi, potrebbe non essere solo un effetto collaterale della modernità, ma il lascito diretto di una funzione sensoriale sviluppata da antichi pesci corazzati. A sostenerlo è uno studio frutto di un lavoro di anatomia comparata su resti fossili e strutture viventi.
Secondo i ricercatori, le prime forme di dentina, il tessuto interno al dente responsabile della sensibilità, erano parte di strutture mineralizzate esterne, chiamate odontodi, usate dagli antichi vertebrati per percepire l'ambiente. Queste strutture, simili a quelle che ricoprono ancora oggi alcuni pesci, erano innervate e attive sul piano tattile.
Analizzando i fossili dell'Ordoviciano medio, circa 460 milioni di anni fa, gli studiosi hanno scoperto che questi rivestimenti erano dotati di un sistema nervoso simile a quello osservato nella polpa dentale umana. “Riteniamo che i primi vertebrati, questi grandi pesci corazzati, avessero strutture molto simili – ha spiegato la ricercatrice Yara Haridy – che ricoprivano i tessuti molli e li aiutavano a percepire l'ambiente.”
Con l'evoluzione, queste formazioni sono migrate verso l'interno della bocca, dando origine ai denti moderni. Ma la loro funzione sensoriale non è scomparsa. Da qui, suggeriscono gli autori, l'origine del fastidio: i denti sono rimasti altamente sensibili perché progettati, in origine, per “sentire”.
Una prospettiva che cambia radicalmente la visione di un disturbo comune e colloca la nostra reazione al freddo in bocca tra i retaggi più antichi della nostra evoluzione biologica.
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