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ECONOMIA & ISTRUZIONE

Laurea e lavoro: il 30% dei giovani italiani non usa le competenze acquisite

Dal divario tra titolo di studi e occupazione alle disuguaglianze di genere e territorio: cosa racconta davvero il Rapporto AlmaLaurea 2025

Laurea e lavoro: il 30% dei giovani italiani non usa le competenze acquisite

Anni di studio, sacrifici, esami… e poi ci si ritrova in un impiego che non richiede neppure il titolo ottenuto. È quanto accade a circa un terzo dei laureati italiani, secondo il nuovo Rapporto AlmaLaurea 2025. Il problema è noto: spesso le competenze acquisite all’università non trovano spazio nel mondo del lavoro, soprattutto in ambiti come lettere, arte, comunicazione, lingue e scienze sociali.

Il fenomeno riguarda in particolare il 30% dei laureati che lavorano in settori dove il titolo accademico non è formalmente richiesto. Più nel dettaglio, si tratta del 39,3% tra i triennali e del 31,9% tra i magistrali. A distanza di cinque anni dal conseguimento del titolo, la percentuale cala ma resta alta: coinvolge ancora il 32,5% dei triennali e il 25,4% dei magistrali. Le aree disciplinari più colpite sono quelle umanistiche, artistiche, linguistiche, politiche, sociali, psicologiche ed economiche.

Eppure, nonostante il mismatch tra studi e lavoro, l’occupazione continua a crescere. Il tasso di occupazione a un anno dalla laurea ha raggiunto il 78,6% sia per i triennali che per i magistrali, con un aumento rispetto al 2023. Dopo cinque anni, la percentuale supera il 90%, segno che il titolo di studio continua ad avere un impatto positivo nel lungo termine.

Anche gli stipendi mostrano segnali incoraggianti. Nel 2024, la retribuzione netta mensile media è di 1.492 euro per i laureati triennali e di 1.488 euro per i magistrali, con un aumento in termini reali rispettivamente del 6,9% e del 3,1% rispetto all’anno precedente.

A migliorare sono anche le condizioni contrattuali. Tra i neolaureati, il 39,5% di chi ha conseguito una laurea triennale ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato, mentre tra i magistrali la quota è del 29,8%. Seguono i contratti a tempo determinato, che rappresentano il 28% tra i triennali e il 23,6% tra i magistrali. Più diffusi tra i magistrali sono invece i contratti formativi (22,3%, contro il 15,3% dei triennali).

Nel frattempo, si conferma una forte presenza femminile tra i laureati: nel 2024, le donne rappresentano il 59,9% del totale. Tuttavia, la loro presenza resta minoritaria nei percorsi STEM (science, technology, engineering, mathematics), dove si fermano al 41,1%. Le donne si concentrano in misura maggiore nei corsi magistrali a ciclo unico (69,4%), rispetto ai magistrali biennali (57,8%).

Sul fronte degli studi, si nota un lieve passo indietro. L’età media alla laurea si attesta a 25,8 anni, in leggero aumento dopo anni di calo. Parallelamente, cala anche la regolarità negli studi: solo il 58,7% si laurea nei tempi previsti. Dopo oltre un decennio di miglioramenti, è la prima volta che questo indicatore torna a peggiorare.

Un altro fenomeno in crescita è quello della mobilità geografica: sempre più studenti del Sud scelgono atenei del Centro-Nord. Nel 2024, il 28,7% dei laureati meridionali ha studiato fuori dalla propria regione, contro il 23,2% del 2014. Al Centro si sposta il 14,3% dei diplomati, mentre al Nord solo il 4,3%.

Anche le esperienze internazionali tornano a crescere. Il 10,3% dei laureati ha svolto un periodo di studio all’estero riconosciuto dal proprio corso di laurea, nella maggior parte dei casi grazie al programma Erasmus (8,6%). Queste esperienze fanno la differenza: chi ha studiato all’estero ha il 7,9% di probabilità in più di essere occupato a un anno dal titolo. Tuttavia, l’accesso a queste opportunità è ancora influenzato dal contesto familiare: tra i figli di genitori laureati parte il 16,3%, tra quelli con genitori non diplomati solo il 7%.

A influenzare gli stipendi è anche la disciplina di laurea. I laureati in ambito medico-sanitario e farmaceutico registrano i guadagni più alti, con una media di 305 euro netti in più al mese rispetto ai colleghi dell’area politico-sociale e comunicazione. Seguono quelli in ingegneria (+218 euro), informatica e tecnologie ICT (+185 euro) ed economia (+116 euro). In fondo alla classifica ci sono i laureati in ambito giuridico, che guadagnano in media 102 euro in meno.

Il divario retributivo tra uomini e donne, purtroppo, continua a persistere. A un anno dalla laurea, gli uomini guadagnano in media 59 euro netti in più al mese rispetto alle colleghe. Incide anche la disponibilità a rinunciare alla coerenza tra titolo di studio e impiego: chi rifiuta lavori non in linea con il proprio percorso guadagna in media 46 euro in più rispetto a chi è disposto ad accettarli. Infine, il luogo in cui si lavora ha un impatto notevole sulle retribuzioni. Un laureato occupato al Nord guadagna in media 66 euro netti in più al mese rispetto a uno che lavora al Sud; chi lavora al Centro ha un vantaggio di 45 euro. Ma il vero salto si registra per chi lavora all’estero: lo stipendio medio mensile è più alto di ben 619 euro rispetto a chi è rimasto nel Mezzogiorno.

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