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Combattere il caldo
23 Giugno 2025 - 14:25
Se si trascorre molto tempo su internet, è facile imbattersi negli annunci delle cosiddette coperte rinfrescanti, spesso pubblicizzate come rimedio miracoloso contro l’afa estiva. L’idea di una coperta che “raffredda” invece di scaldare sembra perfetta, ma nella realtà la maggior parte di questi prodotti non fa quello che promette.
Anche nei casi migliori, quando il tessuto è particolarmente traspirante, il risultato è comunque inferiore a quello che si otterrebbe senza alcuna coperta addosso. Eppure, esiste una tecnologia capace di trasformare la teoria in pratica: tutto sta nel comprendere come funziona davvero il trasferimento di calore. In chimica, la temperatura rappresenta l’energia cinetica media delle particelle di un corpo. Quando due oggetti si trovano a contatto, il calore fluisce sempre da quello più caldo a quello più freddo fino a raggiungere l’equilibrio. Non esiste un passaggio di “freddo”: ciò che si muove è sempre energia termica.
Ogni oggetto possiede una quantità di energia termica che dipende da tre fattori: massa, temperatura e materiale. Oggetti a pari temperatura ma con massa diversa (come una patata piccola e una grande) avranno quantità di calore molto differenti. E anche tra oggetti dello stesso peso, come un blocco di legno e uno di alluminio, la sensazione al tatto cambia: il metallo “sembra più freddo” perché assorbe più energia dalla pelle.
Lo stesso vale in acqua: una piscina a 23°C fa sentire freddo, mentre l’aria alla stessa temperatura è gradevole. Questo perché l’acqua ha una capacità termica specifica molto alta, dunque assorbe più calore dal corpo rispetto all’aria. Le coperte, di norma, funzionano come isolanti: rallentano il passaggio di energia, mantenendo il calore corporeo. Quindi, in piena estate, coprirsi significa trattenere il calore. Solo nel caso in cui la coperta sia inizialmente più fredda del corpo, può esserci un momentaneo effetto rinfrescante. Ma dura pochissimo, finché le temperature si bilanciano.
Una vera coperta rinfrescante dovrebbe quindi avere massa elevata e aderire perfettamente alla pelle per aumentare lo scambio termico. Quelle leggere e soffici che si trovano online non funzionano. Un esperimento con una termocamera ha dimostrato che non ci sono differenze reali tra una coperta “refrigerante” e una normale lasciate al sole.
La chiave per progettare un prodotto efficace si trova nel concetto di transizione di fase, come nel caso del ghiaccio che assorbe calore senza cambiare temperatura finché non si scioglie. Lo stesso principio si può applicare a materiali che fondono vicino ai 18°C, rendendoli ideali per assorbire energia termica dal corpo senza risultare dolorosamente freddi.
Un esperimento casalingo con sali come il solfato di sodio ha permesso a un divulgatore scientifico di creare una coperta con un materiale a cambiamento di fase. Non ha bisogno di freezer: basta conservarla in un luogo fresco. Il risultato? Una coperta che davvero assorbe calore per ore, senza surriscaldarsi. La fisica, dunque, fornisce una risposta: non tutte le coperte sono uguali, ma solo quelle basate su cambiamenti di stato fisico controllati possono davvero meritare l’etichetta di “refrigeranti”. Tutte le altre? Solo marketing.
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