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Lo studio
23 Giugno 2025 - 23:20
Gli incubi non sono soltanto un disturbo del sonno: possono segnare il ritmo stesso del decadimento biologico. È la conclusione di uno studio illustrato al congresso dell’European Academy of Neurology 2025, a Helsinki, che ha analizzato le notti di oltre 4.000 adulti e 2.500 bambini nell’arco di 18 anni. Il risultato è allarmante: chi sperimenta brutti sogni con cadenza settimanale presenta telomeri più corti, indici epigenetici alterati e un rischio triplicato di morire prima dei 75 anni.
Gli autori, guidati dal professor Abidemi I. Otaiku del Dementia Research Institute, hanno incrociato la frequenza degli incubi con tre “orologi epigenetici” — DunedinPACE, GrimAge e PhenoAge — oltre alla lunghezza dei telomeri, biomarcatori-chiave dell’invecchiamento cellulare. Durante il follow-up, 230 decessi prematuri hanno confermato la correlazione tra incubi ricorrenti, senescenza accelerata e mortalità.
La spiegazione potrebbe risiedere nello stress notturno. Gli incubi frammentano il sonno, impediscono il recupero metabolico e innalzano cronicamente il cortisolo, l’ormone che danneggia il sistema cardiovascolare e immunitario, favorendo un rapido logoramento cellulare. Secondo l’analisi, quasi il 40 per cento dell’associazione fra sogni angoscianti e decessi anticipati è mediato proprio dall’invecchiamento biologico.
La ricerca non stabilisce un rapporto causa-effetto definitivo, ma rafforza l’ipotesi che ridurre gli incubi — con terapie mirate, igiene del sonno o modifiche dello stile di vita — possa tradursi in un beneficio tangibile per la longevità.
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