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Snack e bambini
24 Giugno 2025 - 10:00
Merendine, snack salati, gelati confezionati e bevande zuccherate. È questo il menù che riempie ogni giorno i carrelli della spesa delle famiglie europee. Un settore in forte espansione, che ha registrato un +29% in soli cinque anni, raggiungendo quota 310 miliardi di euro di spesa annuale. Lo rivela il rapporto “Cibo e bambini”, presentato dalla Fondazione Aletheia al ministero dell’Istruzione: un’indagine che mette a nudo le abitudini alimentari dei più piccoli e il peso crescente del cosiddetto “junk food” nella dieta quotidiana.
A dominare la scena sono i cibi ultraprocessati, prodotti composti da ingredienti industriali e additivi chimici – aromi, coloranti, emulsionanti – pensati per essere irresistibili al gusto e stabili sugli scaffali. In Europa, secondo gli esperti, rappresentano ormai il 27% dell’apporto calorico giornaliero. E se negli Stati Uniti questa percentuale sale fino al 60%, nel Vecchio Continente il dato varia fortemente tra Paesi.
L’Italia, paradossalmente, è tra le nazioni più morigerate: “solo” il 13,4% delle calorie giornaliere proviene da cibi ultraformulati, contro il 42% della Svezia, il 40,5% del Regno Unito o il 38,5% della Germania. Tuttavia, il nostro Paese spende comunque 580 euro a testa ogni anno in snack, più della Spagna e della Grecia, ma meno di Irlanda, Francia e Paesi scandinavi, dove il budget supera anche i 1.300 euro a persona.
Dietro i numeri, però, ci sono le conseguenze. Perché se è vero che le macchinette nelle scuole rappresentano solo il 5% degli acquisti annuali di snack, è anche vero che i bambini italiani mostrano segnali allarmanti. Il 9,6% dei minori tra i 5 e i 19 anni è obeso, mentre il 27,3% è in sovrappeso. Patologie come diabete, disturbi cardiovascolari e comportamentali sono in aumento, e la presenza massiccia di additivi è stata collegata anche al boom delle allergie alimentari, oggi in crescita tra i più piccoli.
Il manifesto per l’educazione alimentare lanciato dalla Coldiretti chiede uno stop agli snack nelle scuole, ma la battaglia – culturale prima ancora che politica – è appena cominciata. A partire da un dato: nel piatto dei nostri figli, oggi, c’è sempre più industria e sempre meno cibo.
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