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CINEMA

Tornare a Berk dopo 15 anni

Opinione onesta di una bambina cresciuta tra i draghi e la musica di John Powell

Sono tornata a Berk dopo 15 anni

C’è un momento della vita in cui ci si guarda indietro e si scopre che alcuni film non sono solo ricordi, ma pezzi vivi della nostra storia. Per me, "Dragon Trainer" è uno di quei titoli. Quando uscì nel 2010 avevo dieci anni e non riuscii a vederlo al cinema. Lo recuperai, come si faceva allora, davanti alla TV di sabato sera, quando ancora lo streaming era qualcosa di distante dalla mia vita quotidiana. Non lo sapevo, ma stavo per innamorarmi di un drago.

Sulla ruvida isola vichinga di Berk, dove draghi e uomini si combattono da secoli, nasce un’amicizia improbabile tra Hiccup, ragazzo brillante ma incompreso, e Sdentato, una Furia Buia che fa paura solo a vederla. Quell’incontro cambia tutto, mettendo in crisi le antiche convinzioni e rivelando che la convivenza è possibile, se si è disposti a guardare oltre la paura.

A distanza di quindici anni, DreamWorks riporta sul grande schermo quella storia con un remake in live-action diretto ancora una volta da Dean DeBlois, già regista e co-autore del primo film animato. A differenza di altri rifacimenti più o meno discutibili (qualcuno ha detto “Biancaneve”?), "Dragon Trainer" riesce in un’impresa rara: emozionare come allora. Anzi, forse anche di più.

All’annuncio del progetto, i sentimenti sono stati contrastanti. Da un lato, l’entusiasmo: finalmente avrei potuto vedere sul grande schermo la storia che da sempre porto nel cuore. Dall’altro, lo scetticismo. Perché rifare un film perfetto com’era? Era solo l’ennesima mossa nostalgica, sulla scia della strategia Disney di rivisitare in chiave live-action tutti i suoi classici?

Ma DreamWorks non è nuova a sfide coraggiose, anzi, la sua stessa nascita è frutto di una ribellione all’impero Disney. E a differenza di molti remake, qui la regia è affidata a chi ha davvero qualcosa da raccontare. DeBlois non si limita a dirigere: scrive, produce e accompagna ogni scena con uno sguardo rispettoso e amorevole, come chi torna nei luoghi della propria giovinezza e decide di mostrarli con occhi nuovi, ma senza cambiarli. Tra le altre cose, per la prima volta un live action costa meno della sua controparte animata: 150 milioni di dollari contro i 165 milioni per l'animazione.

La CGI, con mio grande stupore, dona un risultato godibile agli occhi. Vedere Sdentato prendere vita in versione iperrealistica è un piccolo miracolo visivo. Anche Gerard Butler, che già aveva dato la voce a Stoick nell’originale, torna nel ruolo con una forza che regala coerenza e continuità emotiva. Come non menzionare Mason Thames, attore interprete di Hiccup, che con gli occhi sognanti e l'aria da timido e bravo ragazzo, incarna perfettamente lo spirito del protagonista originale.

 

E poi c’è la musica. John Powell, già autore della colonna sonora del film animato, firma nuovamente la partitura. Quando parte “Test Drive” o “Romantic Flight”, non si può fare altro che chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare. Io, ogni volta, mi ritrovo a volare con quelle note che ormai sono impresse sotto la pelle. È come se il tempo si fermasse e tornassi a essere quella bambina davanti alla TV, con il cuore che batte più forte a ogni svolazzo tra le nuvole. Con dei forti brividi (e un piantino sulle prime note di ogni brano), non ho potuto fare a meno di canticchiare le melodie sottovoce.

Qualcuno potrebbe dire che non ne vale la pena spendere i soldi per vedere una replica uguale in tutto e per tutto, dalle inquadrature alle battute degli attori, dell'originale. In parte concordo, ma ho delle prove che possono anche parlare a favore di un live action del genere.

In sala, durante la proiezione, si percepiva un’atmosfera speciale: accanto a me c’erano persone di tutte le età. Adulti e giovani adulti, come me, cresciuti con la saga cinematografica, che tornavano per rivivere un pezzo del proprio passato. Ma c’erano anche tantissime famiglie con bambini che, grazie a questo remake, scoprivano per la prima volta il mondo di Berk e si lasciavano incantare da draghi, voli e legami che superano ogni barriera. Era un passaggio di testimone, un’emozione collettiva che univa generazioni diverse sotto lo stesso tetto cinematografico.

Uscita dal cinema, con gli occhi lucidi e il viso rigato da lacrime – quelle belle, che fanno bene – ho capito che questa versione non ha solo replicato una storia. L’ha celebrata. È un omaggio ai fan di ieri e una porta spalancata per quelli di domani (vero, Disney?!).

Oggi, a 25 anni, posso finalmente dire di averlo visto al cinema. E ne è valsa ogni singola emozione.

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