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30 Giugno 2025 - 16:15
Una svolta che farà discutere in tutta Europa: la Danimarca ha ufficialmente alzato l’età pensionabile a 70 anni, diventando il primo Paese europeo a fissare un limite così alto. La nuova norma, approvata nei giorni scorsi in Parlamento, riguarderà tutti i cittadini danesi nati dopo il 31 dicembre 1970.
La decisione è stata accolta con 81 voti favorevoli e 21 contrari, e rappresenta un nuovo capitolo nel dibattito – ormai comune in molti Paesi occidentali – su come garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali in un contesto demografico sempre più anziano.
Fino a oggi, l’età pensionabile in Danimarca era tra le più alte d’Europa, con una soglia di 67 anni e l’orizzonte già fissato a 69 anni per i nati dopo il 1967. Ora però, con questa riforma, si supera un nuovo confine: lavorare fino ai 70 anni diventerà la norma per le prossime generazioni.
A spiegare le ragioni della scelta è stato il ministro dell’Occupazione, Ane Halsboe-Jørgensen, che ha parlato della necessità di pianificare a lungo termine per non mettere a rischio il sistema di welfare, in particolare in un Paese in cui l’aspettativa di vita è in continua crescita.
Secondo i dati dell’associazione nazionale delle pensioni e delle assicurazioni, oltre 80.000 danesi sopra l’età pensionabile attuale continuano comunque a lavorare, grazie a condizioni favorevoli: lavori flessibili, buoni salari e una cultura che valorizza la permanenza attiva nella società.
Ma non tutti applaudono. Il partito Red-Green Alliance, forza politica della sinistra, ha criticato la riforma come squilibrata e socialmente ingiusta, soprattutto per chi svolge mansioni fisicamente usuranti. Non è mancato il riferimento polemico al fatto che i membri del governo possono ancora ritirarsi a 60 anni, un trattamento di favore che, secondo il deputato Pelle Dragsted, rende la nuova legge “incomprensibile e indefendibile”.
Con questo provvedimento, la Danimarca lancia un segnale forte all’Europa, dove l’invecchiamento della popolazione e la pressione sui bilanci pubblici stanno costringendo molti governi a rivedere i propri modelli pensionistici. Una scelta coraggiosa per alcuni, inaccettabile per altri – ma destinata, in ogni caso, ad aprire un dibattito che riguarda tutti.
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