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IGIENE E SALUTE
02 Luglio 2025 - 12:00
Le comuni spugnette utilizzate per lavare i piatti nascondono una minaccia sottovalutata: possono diventare veri e propri focolai di batteri, anche dopo essere state bollite o igienizzate. È quanto afferma Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova, che ha lanciato un avvertimento chiaro sull’uso prolungato di questi oggetti domestici.
In un video pubblicato su Facebook e Instagram, l’infettivologo ha mostrato la differenza tra una spugnetta nuova e una già utilizzata, sottolineando che proprio quest’ultima rappresenta un ricettacolo di microrganismi pericolosi. Il problema, spiega, risiede nella struttura della spugna, capace di trattenere i batteri anche dopo ripetute operazioni di pulizia.
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Bassetti ha fatto riferimento a uno studio condotto da un team di ricercatori tedeschi, che ha analizzato 14 spugnette domestiche usate. L’indagine ha rivelato la presenza di batteri come Moraxella e Serratia, responsabili, tra l’altro, del caratteristico odore sgradevole delle spugnette troppo consumate.
Il dato più impressionante, però, riguarda la quantità di batteri contenuta in una singola spugna: secondo quanto riportato, si tratterebbe di una concentrazione tale da superare di quasi dieci volte la popolazione mondiale. Una densità simile si riscontra, afferma l’esperto, soltanto nelle feci.
Alla luce di queste evidenze, il consiglio è netto: le spugnette vanno sostituite settimanalmente. Le operazioni di bollitura o sanificazione, infatti, non risultano efficaci nel rimuovere completamente i microrganismi, che rimangono stratificati al loro interno. L’unico modo per evitare rischi è quello di buttarle dopo una settimana d’uso e acquistare un ricambio nuovo.
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