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40 anni dopo
15 Luglio 2025 - 21:00
Il 13 luglio 1985, i Queen si esibirono al Live Aid con un set di appena sei canzoni. Bastarono venti minuti per entrare nella leggenda e rilanciare la loro carriera. Quarant’anni dopo, quella performance è ancora considerata una delle più grandi nella storia del rock.
Eppure, secondo quanto racconta il promoter Harvey Goldsmith a Mojo, i Queen non erano nemmeno previsti nella scaletta iniziale. «Stavamo organizzando tutto con Bob Geldof», spiega, «e quando proposi i Queen per il pomeriggio, lui rispose: “Hanno già dato. Non credo sia una buona idea”». Ma Goldsmith non si arrese: conosceva il potenziale della band, e insistette affinché si esibissero nello slot delle 17:30.
Anche i Queen inizialmente rifiutarono. Erano reduci da un tour estenuante e volevano una pausa. «In più volevano chiudere lo show», ricorda Goldsmith. «Ma penso che a convincere Freddie fu l’idea di esibirsi davanti a un miliardo di persone. Un’occasione unica. E lì scattò qualcosa in lui».
Il giorno prima del concerto, Goldsmith riunì tutti gli artisti per dare istruzioni chiare: tempi strettissimi, cambi palco rapidissimi. «Non mi importava quando salivate, ma quando scendevate. La mattina feci sistemare 40 orologi in tutto Wembley per controllare tutto al secondo».
I Queen provarono per una settimana. Quando arrivò il loro momento, Mercury colse subito l’energia dell’evento. «Sentì l’odore del sangue e puntò alla gola», racconta Goldsmith. «Fu una performance impareggiabile, e la band lo seguì con la stessa forza».
Quel breve set divenne il simbolo del Live Aid. Ancora oggi, se si chiede a qualcuno un ricordo di quel giorno, la risposta è quasi sempre la stessa: «Ah sì, i Queen».
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